Un’altra giornata di dolore, quello vero, quello che riempie il perimetro del cantiere Esselunga di cartelli, biglietti, slogan, striscioni, candele, palloncini e mazzi di fiori. Anche nell’era dei social, dove i pensieri si possono scrivere senza ’scomodarsi’ troppo, la città e il quartiere si stringono attorno alla strage di Via Mariti, portando e appoggiando una carezza, un pensiero, un dono, sulle recinzioni esterne, con le strade chiuse da venerdì alle 8 e 52 dopo il crollo maledetto.
"La vita è sacra. Non può e non deve morire per subappalti. Basta vite spezzate sul lavoro. Basta. Un sentito cordoglio per le famiglie nel dolore". E’ uno dei pensieri tra i circa venti biglietti e un centinaio di mazzi di fiori, portati ogni giorno dagli abitanti di Ponte di Mezzo, come un pellegrinaggio, tra via Giovanni da Empoli, dove è crollato il finestrone con lo scuolabus parcheggiato e Via Ponte di Mezzo, ingresso principale al cantiere. Omaggi silenziosi per la maggior parte, senza nessun biglietto. Anche la mattinata di ieri marchia, negli occhi, la malinconia dei residenti che vivono un febbraio caldo e soleggiato, ma desolato e triste. Sembra quasi una domenica di luglio.
Come Stefania ed Elisa, che hanno appeso alla transenna una rosa bianca con un biglietto che recita una frase di una canzone di Vecchioni, in ricordo di quei giovani sepolti dal cemento: "Sogna ragazzo sogna... tanto calore". Anche la riflessione di un bambino, con il suo disegno lasciato alle porte del cantiere dannato: il rilievo di una mongolfiera che vola in cielo come a ricordare gli operai. E in alto nella parte azzurra la scritta ’mi dispiace tanto’, con dei cuori spezzati.
Pensieri, citazioni, slogan di un popolo, quello fiorentino arrabbiato e sconvolto dalla tragedia che ha colpito un triangolo di Q5. Parole forti quelle di un cartellone anonimo: "La giacca del padrone che ti ha ucciso, ti hanno nascosto subito.. ci dicono che siamo uguali, ma uguali davanti a chi? Alla legge del padrone risponderemo con la rivoluzione".
Si aggiunge un secondo: "Agli eroi morti sul lavoro per colpa dei padroni che vogliono arricchirsi. Viva la classe operaia". Biglietti che si fanno eco tra loro, palloncini che partono attaccati a quelle reti verdi e che poi volano con la scritta ’Non si può morire così’. E poi: "Il dolore non ha colore". Messaggi che lasciano l’amaro in bocca e nostalgia anche solo leggendoli come quello di un altro anonimo che vicino ad un mazzo di rose rosse scrive: "Non si può morire per un pezzo di pane". E ancora avvolti ad un mazzo di mimose, un po stanche dal supersole di questi giorni, con due candele ormai quasi spente la firma di ’P’ cita: "Impariamo ad accettare i no e a dire di no".
Rose principalmente bianche, e un marciapiede che si è trasformato in una chiesa a cielo aperto, dove la cera consumata da più di cento ore dalla tragedia, è caduta sull’asfalto.
Si continua la lunga scia di pensieri con Emanuela: "Tanto dolore per le vittime e vicinanza alle loro famiglie", un biglietto rosso attaccato ad un mazzo di mimose di un giallo acceso.
Linda Coscetti