Soffre il Chianti, exploit Bolgheri: "Ritornano le uve in purezza. E ora in città è boom di mescite"

L’enologo Caldini: "Cresce l’interesse dei fiorentini per i vitigni autoctoni"

Soffre il Chianti, exploit Bolgheri: "Ritornano le uve in purezza. E ora in città è boom di mescite"

Un esperto ’annusa’ il tappo della bottiglia appena aperta

FIRENZE

Carlo Caldini, enologo fiorentino e titolare dell’enoteca-mescita ’La cantina di Legnaia’, ha vissuto a lungo in Australia e Inghilterra occupandosi del mercato internazionale per importanti buyer, per poi rientrare in patria lavorando prima sul campo nel Chianti e fondare la sua attività in città.

Dottor Caldini, qual è la situazione del mercato del vino nella nostra regione?

"Mentre ci sono alcune denominazioni che stanno soffrendo, come Chianti e Chianti classico, ci sono altre realtà che, all’opposto, aumentano non solo di volume ma anche di valore, come Bolgheri che sta incrementando in maniera esponenziale il prezzo per litro e le quote di mercato".

E la provincia di Firenze?

"C’è un panorama molto variegato. Nelle zone del Chianti – Classico, Rufina, Montespertoli, Colli fiorentini – c’è innanzitutto un problema di peronospora già presentatasi l’anno scorso e che quest’anno si è rifatta viva. È interessante vedere che quelle aziende che hanno lavorato bene riusciranno ad avere una bella qualità e quantità, mentre le aziende che si sono mostrate più distratte invece perderanno".

Perché una sofferenza nel Chianti?

"C’è una differenza tra Chianti e il Chianti classico; mentre il mercato del Chianti è quello che ha inseguito più il prezzo e si sperimenta sui mercati asiatici con sapori non molto apprezzati sui mercati nostrani, il Chianti classico invece pur rallentando rispetto ad anni gloriosi si mantiene sempre fedele alla tradizione e continua a mantenersi apprezzato sul mercato locale".

A proposito di mercati asiatici: quanto influisce sul nostro export il blocco sul mercato russo?

"La Russia beve italiano, il nostro vino è sinonimo di eccellenza. Nonsotante ci siano delle complicazioni nell’export in seguito alla guerra in Ucraina, il vino italiano in Russia arriva ancora, si è complicata solo la logistica che vede più passaggi. Al contempo però parte del pubblico russo storce il naso all’acquisto del nostro vino per motivi politici e preferisce acquistare russo: anche in Federazione russa si produce vitivinicolo; la Crimea per esempio è da sempre una zona favolosa per la produzione e nell’ultimo decennio ci sono stati investimenti mastodontici nel settore".

Quali tendenze mostra il mercato nella nostra città?

"C’è un crescente interesse per i vini locali, a chilometro zero, da parte dei fiorentini, con una predilezione per quelli ottenuti da vitigni autoctoni; una riscoperta di monovarietali di vitigni autoctoni, una curiosità non solo per i vini tipici delle nostre campagne ma anche delle nostre uve in purezza. Questa sarà una fetta importante da adesso fino a Natale: il 75% dei vini vengono venduti nell’ultimo trimestre dell’anno".

A Firenze si sta osservando un exploit delle mescite, che erano quasi sparite.

"Il vino sfuso è una tendenza che ha preso spazio durante il Covid e dopo c’è stato il boom. Ma quella che troviamo oggi non è la mescita di quindici anni fa, dove si comprava un vino da tavola da tutti i giorni; ora si trovano vini sfusi di qualità, si possono acquistare ottimi vini con un risparmio sui costi di confezionamento, di vuoto, di trasporto. Tanti produttori hanno recepito e non imbottigliano più tutto il prodotto, ma destinano quote crescenti allo sfuso e si stanno attrezzando con i bag in box: questo consente al consumatore di poter bere un ottimo bicchiere senza dover aprire una bottiglia. Inoltre, considerando che non è un vino per l’invecchaimento, significa venedere subito senza costi di magazzino"

Carlo Casini