REDAZIONE FIRENZE

Sollicciano, fine pena mai. Funaro: “Demolitelo”. Ma c’è una via d’uscita

Continua il caos sulle condizioni disumane del carcere di Firenze. La sindaca vuole abbatterlo, però spunta un progetto datato 2019

Carcere

Carcere

Firenze, 8 gennaio 2025 – Una questione non più rinviabile. Il grido d’allarme arriva dalla politica, a ogni latitudine: Sollicciano sia una priorità. In ballo la vita dei detenuti, perché i suicidi dietro le sbarre aumentano. Solo due negli ultimi tredici mesi. L’ultimo il 3 gennaio, una manciata di giorni fa. Sono stati 64 invece i tentativi di suicidio nell’ultimo anno, addirittura 387 gli atti di autolesionismo. Numeri impietosi e inaccettabili che raccontano di condizioni che diventano giorno dopo giorno sempre più intollerabili. Basti pensare che 97 detenuti sono allocati tra 3 e 4 metri quadrati. È pari a 132,04 invece l’indice di sovraffollamento della struttura. Senza contare poi tutti i disagi legati alle infiltrazioni, alla muffa, ai nidi delle vespe: risalgono allo scorso ottobre le ultime proteste per la pioggia all’interno delle celle. A luglio invece scoppiò la rivolta dei detenuti per i problemi denunciati ormai da tempo. Il dibattito politico è aperto. Sul tema la sindaca di Firenze Sara Funaro si era già espressa prima di Natale ed è tornata a farlo dopo l’ultimo suicidio in cella di pochi giorni fa. “Sono anni – ha detto la sindaca – che sto dicendo che l’unica soluzione per il carcere di Sollicciano è quella di demolirlo e ricostruirlo completamente”. Una soluzione sicuramente dispendiosa ma l’unica, secondo Funaro, per risolvere le condizioni del penitenziario fiorentino che “sono disumane”. Per la sindaca “è necessario fare interventi incisivi perché non è dignitoso né per chi è detenuto né per le persone che ci lavorano”. L’auspicio di Funaro “è che il governo possa prestare attenzione e dare quelle risposte che da tanto, troppo tempo stiamo chiedendo”. Risalgono ad alcuni mesi fa invece i cento ricorsi contro il carcere presentati da altrettante persone che stanno scontando una pena definitiva nella casa circondariale. Ricorsi dall’esito pressoché scontato, in virtù di una sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a cui si appellano i ricorrenti, che fissa i paletti della dignità ambientale dietro le sbarre.

di Alessandro Pistolesi – Non più un carcere-ghetto ma un luogo di inclusione in grado di ridefinire totalmente il rapporto con la città e capovolgere il modello detentivo attuale. Non è un’utopia per Sollicciano ma un progetto concreto che si chiama «I Care» – acronimo che sta per inclusione, carcere, architettura, rigenerazione ed ecologia – promosso nel 2019 dall’ateneo di Firenze con il partenariato dell’ordine degli architetti di Firenze e della fondazione architetti.

"Il piano – spiega Camilla Perrone del consiglio dell’ordine degli architetti e coordinatrice del progetto – coinvolge anche i Comuni di Firenze e Scandicci, il garante dei detenuti, la fondazione Giovanni Michelucci e l’assessorato regionale al sociale. Il lavoro è andato avanti per tre anni e ha coinvolto anche i detenuti. Presto saremo in grado di presentare le linee guida alle istituzioni sulla base di tutto quello che abbiamo raccolto: un progetto su carta ancora non c’è, ci servono finanziamenti, l’idea è lanciare un concorso internazionale e partecipare a bandi specifici per intercettare fondi europei».

Le risorse sono l’incognita più grande. Quanto costerebbe buttare giù la struttura e ricostruirla daccapo? Impossibile definire una cifra precisa. Ci sono tanti parametri da tenere in considerazione, nessuno sembra volersi sbilanciare. Considerando la struttura attuale, la stima – da prendere con le pinze – non sarebbe inferiore a 120-180 milioni di euro. Proprio per via dei costi monstre, per la coordinatrice

del progetto «I Care» la demolizione non sarebbe la soluzione migliore.

«La struttura di Sollicciano ha criticità evidenti – riprende Perrone –, basti pensare che i detenuti sono costretti a passare la maggior parte del tempo in celle che erano state pensate per trascorrere solo la notte. La struttura versa in una condizione di decadenza indicibile ma ospita al suo interno anche un luogo di grande umanità come il ’Giardino degli Incontri’, progettato dall’architetto Michelucci in maniera partecipata con i detenuti. Il nostro obiettivo è riabilitare questo potenziale che non è mai stato sviluppato». Ma il progetto va anche oltre.

"È necessario un lavoro profondo e strutturale di rigenerazione urbana, altrimenti dopo pochi anni saremo punto e a capo – commenta l’esperta –. Va ripensata un’intera porzione di città, insieme ai suoi attori principali. Come? Ripartendo da un modello rieducativo anziché detentivo, dove ad esempio i detenuti possono riabilitarsi tramite laboratori finanziati dalle aziende del territorio».

Il modello a cui ispirarsi è quello delle carceri del Nord Europa: una sorta di casa circondariale diffusa. «Non so se siamo ancora pronti a replicare quel modello – ammette Perrone, professoressa del dipartimento di architettura –. Intanto, è necessario ri-umanizzare il carcere, ricentrarlo nella città. Finora si è agito come se Sollicciano non esistesse, ora dobbiamo riportare al centro la periferia. Se i finanziamenti per la manutenzione sono limitati significa che c’è qualcosa da rivedere nella filiera. Il nostro progetto è ambizioso e presto sarà a disposizione delle istituzioni. Siamo pronti anche a lanciare una raccolta fondi purché vada avanti».