
L'Arcivescovo di Firenze Gherardo Gambelli
Firenze, 19 aprile 2025 - Il “divisore” - questo vuol dire diavolo – inganna e può dire a un detenuto che "anche se Dio esiste non può amare uno come me, che sono un peccatore”.
E invece si può imparare a non lasciarsi trascinare dall'inganno e a disobbedire invece alle paure”, spiega l'arcivescovo Gherardo Gambelli ai detenuti che sono venuti nell'auditorium di Sollicciano, nel giovedì santo, per la messa della lavanda dei piedi, animata dal Cammino neocatecumenale, presenti gli amici della Caritas, di Sant'Egidio, di Pantagruel, delle associazioni, gli agenti penitenziari e i rappresentanti della direzione, del Tribunale e degli uffici del carcere, l'assessora comunale Letizia Perini.
E Gambelli ha lavato i piedi a dodici tra detenuti e volontari. Un invito forte, a prendere esempio da Pietro, che nonostante il rinnegamento, “non cade nella disperazione e inizia un percorso di purificazione dal male.
Esso comincia con il pianto che lava i suoi occhi, aiutandolo a prendere coscienza delle conseguenze negative del male.
Pietro coltivava in cuor suo un’idea sbagliata di Gesù, pensando a lui come un Messia che avrebbe sconfitto i Romani, ricercando la gloria il denaro e il potere”.
Anche i detenuti, in questo anno del Giubileo della speranza, sono chiamati a essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio. Gambelli ha citato Francesco: “Penso ai detenuti che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto”.
Anche dentro Sollicciano si può imparare a lavarsi i piedi gli uni gli altri, cioè “imparare a rispettarsi, a stimarsi reciprocamente. Quando sappiamo superare paure e pregiudizi si realizzano dei veri e propri miracoli”.
Nella mattinata di giovedì, Gambelli aveva celebrato la messa con la benedizione degli oli santi in cattedrale, la liturgia crismale. Anche qui aveva sottolineato come “volgere lo sguardo verso colui che è stato trafitto significa prendere coscienza delle conseguenze negative dei nostri errori” e si era richiamato, in una parte dell'omelia, alla correzione di don Abbondio da parte del cardinale Borromeo, quindi al profeta Isaia e alla lettura che Gesù fa di un brano del profeta, insistendo sulla liberazione dei prigionieri e la libertà degli oppressi.
“Gesù censura il riferimento al giorno di vendetta del nostro Dio, per concentrarsi sull’anno di grazia” e il testo greco “parla più precisamente di un anno di accoglienza”.
“In questo anno del Giubileo della speranza – ha sottolineato Gambelli - siamo invitati a farci prossimi di chi ha il cuore spezzato a essere testimoni della speranza che non delude, a non abbassare le braccia davanti ai problemi e alle sfide del nostro mondo”.