"Negli ultimi anni, già prima della pandemia, stiamo assistendo a un aumento del disagio in età evolutiva: l’incremento dell’incidenza dei disturbi si accompagna anche a un’anticipazione dell’età d’esordio – spiega il neuropsichiatra Roberto Leonetti – Si va dai disturbi del comportamento alimentare alle condotte autolesive che necessitano di accesso ai pronto soccorso, tentati suicidi, alcol e abuso di sostanze stupefacenti. Desta preoccupazione anche l’aumento di adolescenti “barricati in casa” (hikikomori) con dipendenza da internet. Proprio in questo momento sarebbe necessario che il sistema sanitario si dotasse di un’organizzazione adeguata territorio-ospedale che comprenda anche un lavoro sulla prevenzione e un numero di professionisti adeguato ai bisogni emergenti, in modo da poter intervenire prima possibile".
Dottor Leonetti, com’è possibile assicurare un servizio efficiente con personale oberato di lavoro e liste d’attesa infinite?
"Purtroppo stiamo assistendo a un depauperamento del personale in seguito a pensionamenti non reintegrati e mancate assunzioni di professionisti dedicati alla salute mentale. Per incidere sulle liste d’attesa sarebbe auspicabile un modello organizzativo multidisciplinare che preveda un maggiore coinvolgimento dei pediatri di libera scelta e/o dei medici di medicina generale che facciano filtro sull’effettiva necessità e urgenza. In un momento di magre risorse l’appropriatezza della domanda è fondamentale. Consente di offrire risposte tempestive a chi ne ha davvero bisogno".
Le risorse per la salute mentale sono sempre più esigue: ce la farà il servizio pubblico a resistere?
"Le risorse destinate alla salute mentale erano risicate già da anni, di fronte a un aumento importante della richiesta come quello attuale il sistema sanitario pubblico non ce la può fare con numero di personale addirittura inferiore a qualche anno fa. In una situazione di questo tipo, anche il privato rischia di non reggere. Anche perché la salute mentale richiede percorsi di cura multidisciplinari e non prestazioni isolate. Molto si potrebbe fare rinforzando la prevenzione, in particolare tra gli adolescenti, com’era avvenuto in un recente passato con punti di accoglienza-filtro di richieste. Gli adolescenti venivano accompagnati ai servizi specialistici con un invio mirato e appropriato".
C’è un momento di maggiore criticità: quando gli adolescenti superano la maggiore età passano dal servizio di salute mentale infanzia adolescenza al servizio adulti: una frattura che rischia di far perdere il lavoro fatto in precedenza.
"Negli ultimi anni, attraverso alcuni tentativi virtuosi, si è cominciato a pensare a un’organizzazione che prevede “team di transizione”, équipe composte da professionisti della salute mentale dell’area infanzia adolescenza e dell’area adulti, del sociale e delle dipendenze, proprio per evitare fratture nel percorso di presa in carico, garantendo che alcuni minori, una volta raggiunta la maggiore età, potessero avere una continuità nel percorso di cura. E’ importante che questi tentativi possano uscire dalla sperimentazione e vengano organizzati in maniera solida come sta avvenendo solo in alcuni servizi".
Mancano posti letto nelle strutture psichiatriche. Quando si manifestano problemi gravi le famiglie non sanno come fare a gestire i ragazzi a casa. Quali possibili soluzioni?
"La durata dei ricoveri è legata a molteplici fattori. E’ auspicabile avere ricoveri brevi in modo che il paziente possa rientrare nel suo ambiente prima possibile: la riabilitazione, soprattutto se parliamo di minori, è fondamentale e comprende la scuola, lo sport, l’ambiente sociale. Per evitare ricoveri ricorrenti servirebbero diurni ad alta intensità assistenziale che potrebbero intervenire tempestivamente in rapporto con il pronto soccorso e con i servizi territoriali specialistici, con durata di trattamento adeguato, in modo da poter sostenere le famiglie nella quotidianità e mantenere la presa in carico del paziente".
Disturbi diversi ma problemi comuni alla maggior parte dei genitori: mancanza di riferimenti, presa in carico a singhiozzo e una grande solitudine…
"I diversi disturbi richiedono il coinvolgimento di tutto l’ambiente che gravita intorno al bambino e all’adolescente. Le buone prassi consolidate prevedono sostegno e coinvolgimento della famiglia, seguire l’individuo negli ambienti dov’è inserito (scuola, sport, attività educative, luoghi di socializzazione). Questa ricetta funziona se c’è continuità nel tempo, buona comunicazione e una buona integrazione tra tutti i soggetti in campo in un’ottica di lavoro integrato. Non è un compito facile per gli operatori e per i servizi, ma ritengo che bisogna insistere su questa strada".
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