OLGA MUGNAINI
Cronaca

Spadolini, giornalismo e politica. I 25 anni che cambiarono l’Italia: "Una mostra per ripercorrerli"

Cimeli, documenti e tesori esclusivi raccontano un quarto di secolo vissuto in prima linea. Il taglio del nastro con il ministro Piantedosi e la madrina dell’evento, Sara Riffeser Monti.

Cimeli, documenti e tesori esclusivi raccontano un quarto di secolo vissuto in prima linea. Il taglio del nastro con il ministro Piantedosi e la madrina dell’evento, Sara Riffeser Monti.

Cimeli, documenti e tesori esclusivi raccontano un quarto di secolo vissuto in prima linea. Il taglio del nastro con il ministro Piantedosi e la madrina dell’evento, Sara Riffeser Monti.

Venticinque anni di vita durante i quali le due ‘anime’, quella storica e quella giornalistica, si intrecciano indissolubilmente. Un periodo di grandi trasformazioni politiche e sociali di cui fu protagonista e testimone. Il racconto del nostro passato più recente si snoda attraverso la mostra inaugurata ieri nella sede della Fondazione Spadolini, dal titolo ‘L’Italia di Giovanni Spadolini. Gli anni dello storico e del giornalista (1948-1972)’, organizzata in occasione dei 100 anni dalla nascita dello statista.

Dedicata ai decenni in cui il futuro ministro, capo del Governo e presidente del Senato si dedicò alla carriera giornalistica e all’insegnamento della storia, l’esposizione è stata inaugurata ieri dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, accompagnato dalla madrina dell’evento Sara Riffeser Monti, dalla sindaca Sara Funaro, la vicesindaca Paola Galgani, la prefetta Francesca Ferrandino, il questore vicario Giovanni Pampillonia, la rettrice Alessandra Petrucci e alte cariche militari.

A illustrare il percorso attraverso cimeli, documenti, foto, libri e storiche pagine di giornale, è stato il professor Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini, per tanti anni al fianco dello storico, raccontando aneddoti e ricordi nascosti dietro agli scatti fotografici del professore in quegli anni.

Di sala in sala si ricostruisce la ’napoleonica’ esperienza giornalistica, iniziata col Messaggero, Il Mondo di Mario Pannunzio ed Epoca di Alberto Mondadori e altre occasionali collaborazioni. Quindi le grandi direzioni, Il Resto del Carlino di Bologna, dal 1955 al 1968, il Corriere della Sera, dal 1968 dal 1972, e per il giornalismo culturale, la Nuova Antologia, protrattasi di fatto per 40 anni, dal 1955 alla morte.

"E’ difficile distinguere fra le sue tante attività, perché Spadolini si è sempre definito giornalista, storico e politico, o meglio, uomo delle istituzioni, come amava dire - ha spiegato Ceccuti –. La mostra racconta il periodo chiave dell’attività giornalistica che corrisponde a quello dell’insegnamento alla Cesare Alfieri. D’altra parte sono anche gli anni in cui assume la direzione per 13 anni del Resto del Carlino e poi del Corriere della Sera. E quindi le due attività si intrecciano fortemente".

E proprio di giornalismo ha parlato la madrina dell’evento e membro del cda di Monrif, Sara Riffeser Monti: "Una mostra che mi ha consentito di avere maggior consapevolezza di un certo periodo storico e di approfondire una parte della storia imprenditoriale della mia famiglia. Ho potuto ripercorrere il rapporto fra il mio bisnonno Attilio Monti e Spadolini: è stato importante anche come lascito. Quel rapporto rappresenta un esempio ancora oggi. La mostra sullo Spadolini-giornalista è un manifesto del giornalismo: sono cambiati i mezzi e gli strumenti, ma il ruolo del giornalista rimane centrale. E quindi, ponendo l’attenzione su Spadolini si ribadisce l’importanza dell’informazione e dei media".

Ceccuti ha ricordato quegli anni di profondo cambiamento politico, dal centrismo al centrosinistra; di grandi trasformazioni per la storia della Chiesa con l’avvento di Giovanni XXIII: "Spadolini scrisse il suo famoso articolo ’Il Tevere è più largo’ – racconta Ceccuti –. Fu fra i primi a capire che era arrivato un Papa diverso dai precedenti. Al contempo continuava gli studi e le ricerche. Pubblicherà ‘L’Autunno del Risorgimento’ e tanti altri libri di storia, fino alla fine della sua vita. L’ultimo fu ‘Gli uomini che fecero l’Italia’, con una serie di profili dove non si parlava solo di Mazzini, Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele. Ma anche di Collodi e Pinocchio, De Amicis con ‘Cuore’, di Fattori con la pittura macchiaiola. Perché a lui interessava il divenire della società che questi personaggi rappresentavano".