
Le macerie di via dei Georgofili
Firenze, 11 marzo 2023 – Gaspare Spatuzza, 59 anni tra un mese, è stato uno spietato killer della mafia, che ha fatto parte anche del gruppo di fuoco che ha imbottito di esplosivo il Fiorino che provocò la strage dei Georgofili.
Ma è anche diventato, e tuttora lo è, un collaboratore di giustizia che con le sue affermazioni ha aiutato lo Stato a far luce su tante verità della difficile e sanguinosa stagione del 1992/’93: Capaci, Borsellino, le bombe di Firenze, Roma e Milano.
Dopo 26 anni, tra carcere e domiciliari, oggi Spatuzza è un uomo praticamente libero.
Il tribunale di sorveglianza di Roma, con il parere positivo delle procure interessate, ha infatti accolto l’istanza del suo legale, Valeria Maffei, e ha concesso la liberazione condizionale.
Per i giudici, il "positivo percorso intrapreso" da Spatuzza porta a concludere verso il suo "sicuro ravvedimento".
Un percorso, quello del collaboratore, che è cominciato proprio a Firenze e ha fatto leva sulla fede. Mentre iniziava i suoi colloqui con i magistrati che indagavno sulle stragi, Spatuzza, affiancato dal cappellano di Sollicciano don Vincenzo Russo, compì anche alcuni passi importanti di questa strada di resipiscenza non libera da insidie.
"Spatuzza ha fatto i suoi errori ma ha superato molto bene quel tipo di vita", dice oggi don Russo. Fu il sacerdote, durante il cammino con il detenuto-pentito, a combinare un incontro che si scopre solo oggi, a distanza di diversi anni: Spatuzza, che confessò anche l’omicidio di don Puglisi, con l’aiuto del cappellano di Sollicciano conobbe il fratello della vittima, Franco Puglisi.
Dopo una giornata passata insieme in una località segreta, si recarono anche in via dei Georgofili a recitare una preghiera. "Ma non mi faccia dire altro, perché c’è di mezzo una mafia che è ancora viva", conclude don Russo.
La libertà di Spatuzza non suscita avversione neanche tra coloro che hanno pianto a causa di cosa nostra. "E’ una legge voluta da Giovanni Falcone e noi la rispettiamo", dice Luigi Dainelli, presidente dell’associazione vittime dei Georgofili, ricordando che sempre Spatuzza, nel 2010, scrisse anche una lettera all’allora presidente Giovanna Maggiani Chelli in cui chiedeva perdono per il male arrecato. Un gesto che sarebbe scaturito dall’accostamento tra sua figlia e le piccole Nadia e Caterina Nencioni, le giovanissime vittime dell’attentato dell’1.04 del 27 maggio 1993, uccise assieme ai genitori, Fabrizio e Angela Fiume, e lo studente universitario Dario Capolicchio.
"Chiedo di incontrarli tutti – scrisse rivolto ai parenti delle vittime – lo chiedo con tutto il dolore che porto dentro il mio cuore, oggi fatto di carne e non più di pietra, lo chiedo a tutte quelle persone che per mano mia, direttamente e indirettamente hanno perso molto più di quello che io oggi sto rischiando".