
Ricorso contro la terza parte del piano del Comune di Firenze del 2024
di Pietro Mecarozzi
Poco spazio per accessori, souvenir, cartoline e statuette. Per quegli oggetti che in tanti chiamano ’paccottiglia’. È quanto l’argomento del ricorso presentato al Tar, contro la terza parte del piano del Comune di Firenze (pubblicato a maggio 2024) in merito all’esercizio del commercio su area pubblica, da parte di edicole e chioschi del centro storico di Firenze (sottoposto a tutela Unesco), e dal sindacato nazionale autonomo giornalai.
I proprietari dei punti vendita, tanti di origini straniera, hanno contestato due punti del regolamento di Palazzo Vecchio: il primo riguardante la "limitazione della superficie espositiva e di vendita utilizzabile per i prodotti accessori"; il secondo , invece, affronta il sistema sanzionatorio "interdittivo", reputato troppo severo.
I giudici amministrativi, per entrambi motivi del ricorso, hanno dato ragione al Comune di Firenze. Respingendo le richieste degli edicolai di decadenza dell’atto per difetto di potere da parte dell’amministrazione comunale.
In particolare, il pian prevede che il 70 per cento della superficie di vendita, compreso il fronte, deve essere dedicato alla mostra di giornali e prodotti dell’editoria e non oltre il 30 per cento dedicato all’esposizione di altri beni. Sia chiaro: con ’altri beni’ non si intende riproduzioni troppo osé di opere come il David di Michelangelo, considerata anti-decoro. Bensì si riferisce a tutto il mondo dell’oggettistica attira turista che spesso, a colpo d’occhio, sovrasta in quantità giornali e riviste.
Nella sentenza, si spiega che "il potere comunale è stato esercitato in termini di piena ragionevolezza, proporzionalità e coerenza con i principi ordinamentali". E che "il limite del 30 per cento previsto dalla disposizione – continua – si appalesa idoneo a tutelare l’interesse pubblico primario di salvaguardia dell’adeguata diffusione dei prodotti giornalistici". Allo stesso tempo "non imponendo un sacrificio eccessivo alle esigenze commerciali degli edicolanti".
Quanto alle sanzioni, edicolanti e proprietari dei chioschi – difesi dagli avvocati Luca Manetti, Niccolò Ristori e Lingfan Peng – contestavano il sistema in toto, che prevede come sanzione base per le violazioni delle disposizioni "la sospensione dell’attività per 10 giorni, cui segue la sospensione per ulteriori 20 giorni in caso di reiterazione, fino alla decadenza della concessione di suolo pubblico".
Anche in questo caso, per i giudici "il potere comunale di individuare i casi di decadenza dalla concessione, e di disporre la decadenza medesima, è immanente al potere stesso di concedere all’operatore economico l’occupazione di suolo pubblico, collocandosi nell’ambito del generale potere di autotutela di cui l’"amministrazione gode per la tutela dell’interesse pubblico primario curato".
E sulle pene troppo ’severe’ di sospensione delle attività, si legge: "Il Comune di Firenze ha attribuito alle condotte in esame la connotazione della particolare gravità, ex ante e ipso iure. Tali condotte possono pertanto essere sanzionate mediante la sospensione per 20 giorni, come del tutto coerentemente previsto dalle norme regolamentari comunali impugnate".