
"Firenze e la Toscana non hanno peso nel Pd e sono rimaste senza ministri? Se qualcuno invece di rottamare avesse avuto un altro approccio nel partito, questo non sarebbe successo".
In che senso?
"Nel senso che a forza di rottamare si sono delegittimate più generazioni all’interno del Pd, cancellando energie buone. E ora questi sono i frutti".
Ma quando uno vuole rinnovare è normale pensare a un ricambio generazionale...
"Guardi, io sono stato eletto in Parlamento la prima volta a 33 anni ma mai mi sono sognato di dare di disgraziati a Nenni, a De De Martino o ad altri".
La ratio?
"La ratio è che se eri bravo passavi lo stesso senza denigrare altri, oggi invece..."
Valdo Spini è una sorta di anima anarchica della sinistra. Socialista lombardiano già vicesegretario con Craxi, otto volte deputato, sottosegretario e poi ministro nel governo Ciampi. Anche lui non arriva da un’epoca in cui la politica era rose e mughetti senza veleni (nel Psi, per dire, vista la sua ascesa precoce lo chiamavano “il carrierino dei piccoli“), ma anche ora che vede le cose lateralmente senza coinvolgimenti di partito, lo stesso la carica irruente del tempo lo colpisce. Dando una lettura conseguente al fatto che Firenze sia rimasta a mani vuote nel governo Draghi.
"Vede – spiega – non esiste un manuale Cancelli per cui i ministeri vengono assegnati in base all’origine regionale. Credo che ministro lo si diventi per competenze e personalità".
Ma il Pd secondo lei ha spinto per difendere una rappresentatività toscana?
"Secondo me no. E’ stato colto di sorpresa, non ha capito le potenzialità del governo Draghi".
Quali sono?
"Intanto questo governo dovrà distribuire una massa enorme di denaro data dai 209 miliardi del recovery fund".
E poi?
"E poi per come sono andate le cose credo proprio che arriverà a fine legislatura. Per questo avere ministri toscani sarebbe stata cosa buona".
Dava la colpa di ciò alla rottamazione...
"Sembra archeologia ma c’è stato un tempo in cui la parola d’ordine era rottamare in base all’età. Così si sono tolte di mezzo generazioni senza sostituirle con personalità di pari competenza. Questi oggi sono i frutti".
Quindi il renzismo per lei ha fatto del male alla sinistra?
"Io questa cosa la penso da tempo al punto che nel 2009 mi candidai come alternativa alle elezioni per sindaco, ma allora sembravo presbite".
Nessuna concessione a Renzi?
"Beh, adesso sì. Un tempo qualunque cosa avesse detto, anche la più sbagliata, tutti applaudivano. Oggi anche quando dice cose giuste, tutti lo attaccano. A volte la politica è curiosa".
Ma anche al tempo del Pci non è che Firenze e la Toscana contassero granché a Roma...
"C’erano due leggi non scritte nel Pci. Una sosteneva che il pacchetto di maggioranza del partito lo detenesse l’Emilia".
E l’altra?
"Che il segretario del partito dovesse provenire dalla terre del Regno di Sardegna".
In ogni caso la Toscana nonostante i voti ne restava fuori...
"A quei tempi noi del Psi a Roma contavamo qualcosa, però".
E’ vero: Firenze e la Toscana hanno avuto ministri socialisti di peso.
"Io sono stato l’ultimo, dopo Pieraccini, Mariotti e Lagorio".
Perché succedeva ciò?
"Forse perché eravamo bravi. E poi avevamo alle spalle un’ottima scuola politica".
Già, la scuola politica....
"Un tempo Pci, Psi o Dc avrebbero fatto a gara per organizzare dibattiti su come spendere i milioni del recovery fund. Oggi i convegni su questi temi li organizzano le banche o le fondazioni".
Non c’è crescita politica senza formazione?
"Il discorso della formazione della classe dirigente è serissimo e se le forze politiche sono intelligenti approfittano di questo periodo, visto che col governo Draghi le responsabilità pesanti andranno ai tecnici, per rigenerarsi e creare una nuova classe amministrativa".
Vede ancora attuale la struttura ottocentesca e non crede ai partiti leaderistici?
"I leader devono produrli i partiti e non viceversa. La Merkel è una grande leader ma l’ha prodotta la Cdu e non viceversa".
A proposito di classe dirigente: Il sindaco Nardella può avere un ruolo nazionale nel Pd?
"Io non conosco le dinamiche interne del partito ma ciò dovrebbe essere il risultato di un gruppo vasto. Non basta solo un sindaco brillante: per affermarsi serve una rete più larga di consenso, una costruzione programmatica dei quadri. Bisogna crederci e avere voglia di faticare, insomma. O questa almeno è la ricetta che io conosco".