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Stabilimenti a rischio in Toscana: mappa e controlli degli impianti sotto direttiva Seveso

Oltre 970 stabilimenti in Italia, 54 in Toscana, sono sotto la direttiva Seveso per prevenire incidenti rilevanti. Controlli rigorosi dall'Arpat.

Più di 970 in Italia, 54 in tutta la Toscana e cinque solo nella nostra provincia. Sono numeri che, uniti, disegnano la mappa degli stabilimenti a rischio industriale di incidente rilevante. I cosiddetti impianti a 'Rir', quelli cioè che sono sottoposti alla direttiva Seveso, il pacchetto di norme europee varate dopo il disastro del 1976 quando l’incidente alla Icmes sprigionò nell’aria una nube tossica di diossina. Giganti silenziosi che danno lavoro a centinaia di persone e che la legge tiene d’occhio proprio perché, eventuali incidenti, non diventino catastrofi.

Dietro quei numeri infatti ci sono stabilimenti che sono la spina dorsale dell’apparato industriale fiorentino. Gli stessi che, in caso di problemi, possono spezzarsi, paralizzando economia e soprattutto vite. Proprio come nel caso del disastro del deposito Eni di Calenzano. Il rischio è inquadrato come rilevante per altri quattro siti. Il primo è lo stabilimento Beyfin di Sant’Angelo a Lecore nel comune di Campi dove viene stoccato Gpl e gasolio. L’altro sorvegliato speciale delle direttiva Seveso è lo stabilimento della Colorobbia di Vinci, dove ogni giorno sono presenti circa 160-190 persone in orario di lavoro e, all’interno, vengono utilizzate sostanze infiammabili come il nitrato di potassio destinato alla produzione di materie prime per l’industria, soprattutto quella della ceramica.

Il terzo gigante a 'Rir' è l’Icap-Sira Chemicals and Polymers spa con i suoi 136mila metri quadrati a Barberino di Mugello. Qui dentro avviene la produzione e lo stoccaggio di copolimeri acrilici e vinilici: un’eccellenza nelle lavorazioni del campo della chimica fine. L’ultimo sorvegliato nella nostra provincia è la Liquigas, sempre a Sant’Angelo a Lecore, ma stavolta nel comune di Signa: nei 18mila metri quadrati di sito si lavora a ricevimento, stoccaggio, imbottigliamento e spedizione di Gpl, sia sfuso che in bombole. Sono loro che, ogni tre anni, insieme agli altri 47 impianti in Toscana, incluso quello di Calenzano, sono sottoposti a controlli rigorosi dell’Arpat. Dal 2017 l’agenzia con vigili del fuoco e Inail le ha controllate tutte: oltre 70 controlli, dai quali proprio il deposito di Calenzano fu uno dei pochi a uscire senza che le ispezioni portasse misure integrative nel 2023, un anno prima dell’esplosione di ieri. Nel nostro territorio sono presenti altri cinque giganti, stavolta giudicati però dalla normativa a rischio di soglia inferiore, cioè con presenza di meno sostanze pericolose. Tra queste anche la Manetti e Roberts sempre a Calenzano e la Galvair di Barberino di Mugello.

In tutta la regione invece, i controlli per gli impianti di 'soglia inferiore', sono stati 12 e 10 per quelli di soglia superiore. "L’obiettivo dei controlli – spiegano da Arpat – sè promuovere la conformità e il miglioramento continuo delle prestazioni, pertanto, anche le misure integrative richieste alle aziende (che possono essere anche in percentuale elevata) devono essere correttamente inquadrate in questo contesto e non interpretate tout court come irregolarità o violazioni di legge". Nel 2023, ad esempio, a 11 aziende controllate su 12 (per la soglia inferiore) ed a 8 aziende su 9 (per la soglia superiore) sono state richieste misure integrative.