OLGA MUGNAINI
Cronaca

L’eredità di Staino. Dalla parte dei più deboli: "Con Bobo e gli operai sempre senza retorica"

Il ricordo di Alessio Gramolati, una vita di battaglie condivise: "Una volta Sergio inventò la festa dei cavalli del lavoro. Diceva: se ci sono i cavalieri, serve anche chi tira la carretta..."

Amici da sempre: Allessio Gramolati (segretario toscano Spi Cgil) con Sergio Staino

Amici da sempre: Allessio Gramolati (segretario toscano Spi Cgil) con Sergio Staino

Firenze, 23 ottobre 2023 – “Una volta inventò la festa dei cavalli del lavoro. E mi costrinse a cercarli per tutta la Toscana, perché diceva: se ci sono i “cavalieri“, allora ci saranno anche quelli che tirano la carretta, e di sicuro meritano un premio. Sergio era così, pensava sempre ai più deboli". Alessio Gramolati, oggi segretario dello Spi Cgil della Toscana, dopo aver guidato il sindacato dalla Camera del lavoro di Firenze fino ai vertici regionali, è stato grande amico di Bobo-Staino. Un legame costruito nel tempo, all’inizio persino con occhio guardingo da parte del grande vignettista, perché la sua cifra era non fare sconti a nessuno.

Gramolati, chi era Sergio Staino?

"Una persona che sapeva sempre sorprenderti. Non avevi mai la più pallida idea di cosa sarebbe uscito da quella mano e da quella mente. Anche nelle situazioni più difficili e pesanti riusciva sempre a cogliere un lato ironico, o meglio sarcastico, da convertire in una vignetta. Dalla sua matita è uscito il racconto di una lunga stagione dell’Italia, liberata davvero dalle lotte sociali. E lui sapeva sempre trovarci un lato che facesse sorridere. E riflettere".

Bobo-Staino come vedrebbe oggi la classe operaia?

"Come l’ha raccontata negli ultimi anni e come non ha mai smesso di descriverla: la storia di quelli che hanno pagato di più. Senza retorica avrebbe detto che la classe operaia è la vera vittima, quella che ha sofferto maggiormente".

Come si sono intrecciate le vostre storie?

"Eravamo legati da una profonda amicizia, non è facile per me scindere l’artista e l’intellettuale dall’uomo. Ma ricordo ad esempio quando nel 2006, per i cento anni della Cgil, gli chiesi di raccontare la storia del sindacato ai bambini. E lui, anche in quell’occasione fece un libro fantastico, perché disegnò le sue strisce mettendosi non dalla parte della Cgil, ma da quella dei bambini di tutto il mondo, per dire a noi come lo vedevano loro. Ne è venuto fuori un bellissimo libro sulla condizione dei bambini nei vari Paesi".

Col sindacato non è mai stato tenero.

"Certamente no. Aveva questa capacità: per quanto fosse partigiano, non sposava mai una causa, e attraverso i suoi personaggi, i figli di Bobo soprattutto, raccontava sempre l’altro punto di vista. Concedeva sempre il beneficio del dubbio. Nel suo ragionare portava anche il punto di vista più lontano, quello che non condivideva".

Avete mai litigato?

"Litigano no, non ho memoria. Però quando è stato direttore de L’Unità non l’ho compreso. Non mi ero appassionato a quello stile da propaganda. Perché poi non era il suo ruolo".

Che eredità ci lascia?

"La curiosità e la speranza, due sentimenti che negano conformismo e rassegnazione. Una persona curiosa non è mai conformista perché cerca di conoscere il mondo. E la speranza perché nonostante la disillusione, non era tipo da alzare mai bandiera bianca".

Come lo ricorda?

"Uno a cui piaceva piacere ma mai fino al punto di rinunciare a dire quello che pensava. E questa è una grande dote. In sintesi, Sergio è sempre stato dalla parte dei lavoratori, degli svantaggiati, degli ultimi".