Firenze, 16 luglio 2024 – Prima c’era solo il distributore della Q8, e c’è ancora. Ma al posto dello shop di autoaccessori ora, in via Canova, ha aperto il primo Starbucks fuori centro a Firenze dopo gli altri tre in zona Santa Maria Novella.
Non che un ristoro qui sia una novità: fino al 2015 c’è stato il caffè ‘Il Punto giusto’, ma si trattava di un bar a conduzione familiare. Chissà perché la grande catena di caffetteria di Seattle ha scelto di aprire proprio qui, in una delle ultime garitte della Firenze autentica, dove sotto i pilotis dei palazzoni in queste serate afose si scende ancora a frescheggiare coi vicini a svelarsi ciane a chilometro zero, distanti dalle rotte del turismo di massa che affare di quella gente di là dal già lontano Ponte alla Vittoria, insomma. E il rione si divide: chi storce il naso perché lo vede come una minaccia a quell’ultima riserva di fiorentinità, chi plaude perché è il riscatto per quella piana mezzo secolo fa punteggiata di radi borghetti e strappata in epoca odierna alla palude, al solo scopo di fare da cassa d’espansione invece che alle piene, alla città che esplode bisognosa di dormitori.
È vero: c’è il Burger King in via Foggini, c’era già stato il Mc Donald in viale Talenti, resiste quello di viale Nenni, qualcuno ricorderà pure la meteora del Pans in via del Pollaiolo; ma quelli sono lungo la spina dorsale più cosmopolita del quartiere, consacrata poi da dai binari di Sirio. In vero, turisti e i business man anche qui ormai non sono più mosche bianche: il fenomeno Air bnb è esondato fuor di Porta a Verzaia, arrivando a bagnare pure via Canova. Sia quel che sia, per farsi un’idea bisogna provare.
L’accesso non è da via Canova ma da via Pio Fedi. Da via Canova si entra solo alla corsia del ‘drive trough’, anglicismo per asporto in auto, non immediato da capire. Ben presto ci si può render conto che quella degli anglicismi è la cosa che più stona in un quartiere dove ancora si sente intimare ai ragazzi che escono dall’uscio: "Nini, si desina al tocco, e prendi almeno un blusotto che tra un po’ l’è buriana!". Il parcheggio è ampio, una ventina di posti.
Un maxischermo fuori illustra le principali specialità, ma per vedere il menù completo c’è da scansionare il qr code sui tavoli: dalla caffetteria più classica a quella più particolare, ce n’è per tutti i gusti; e poi tè, frappé, bibite, croissant, bagel, sandwich, dolcetti... Ma tra qr e anglicismi che abbondano anche nel menù, non è facile scegliere per gli anziani; però Carla, la barista è gentilissima e preparata ad aiutare.
Ci sono almeno una dozzina di tavoli esterni tra cui un angolo fumatori ombreggiato da belle pareti di piante e fiori, ma visti gli oltre trenta gradi già alle 11 la scelta ricade sulla sala dove impera l’aria condizionata: persino troppa per gli standard italici. Troppo caldo per caffellatte vari, meglio un paio di bevande rinfrescanti.
Agli altri tavoli d’altronde, una quarantina di coperti in tutto di cui una decina occupati, i più devono aver pensato la stessa cosa. Un ‘Dragonfruit coconut refresha’, ‘Cool lime refresha’ e un lemon muffin: 14,90 euro in totale, i prezzi sono più cari delle storiche pasticcerie del quartiere; ma Starbucks è Starbucks, non lo puoi confrontare.