Pietro Mecarozzi
Cronaca

L’eccidio di Marradi: risarcimento milionario per tre fucilati dai nazisti

Le vittime trucidate nel 1944 dopo un rastrellamento dell’esercito tedesco. L’indennizzo per una delle famiglie sarà versato direttamente dall’Italia in seguito all’istituzione di un fondo specifico autorizzato da Draghi

Alcuni combattenti italiani contro il nazifascismo dopo la Liberazione

Alcuni combattenti italiani contro il nazifascismo dopo la Liberazione

Firenze, 29 novembre 2024 – Tre sentenze in un giorno. Tre macigni giudiziari che sanciscono la fine – almeno per il momento – di una tragedia lunga ottant’anni. Tre condanne che restituiscono dignità e giustizia alle famiglie degli innocenti uccisi per mano del Terzo Reich nell’eccidio di Crespino sul Lamone, avvenuta fra il 17 ed il 18 luglio 1944 nell’omonima frazione del comune di Marradi (nel Mugello), in provincia di Firenze.

I giudici della sezione civile tribunale di Firenze, che già nei mesi scorsi avevano emesso sentenze simili per altri eredi delle vittime, hanno anche in questo caso rimarcato la responsabilità della Repubblica Federale di Germania per il massacro avvenuto a pochi chilometri dal capoluogo toscano. Ma visto che l’Italia si è fatta carico dei risarcimenti al posto della Germania attraverso il fondo istituito dal governo Draghi – di 61 milioni di euro, e gestito dal ministero dell’Economia e delle Finanze –, a essere condannato è stato proprio il Tesoro. La Germania, per di più, in questi anni si è sempre opposta ai risarcimenti stabiliti dai giudici italiani in virtù degli accordi di Bonn del 1962.

Enrico, per esempio, ex casellante ospitato nella canonica della chiesa di Pontassieve (sempre nel Mugello), è stato fucilato da un comando nazista mentre portava alla zio malato il cibo prepara dalla moglie. A casa lo attendevano le tre figlie di 4, 6 e 9 anni, ma l’uomo, ai tempi 45enne, non tornò mai più. I militari tedeschi del plotone 3. Polizei-Freiwilligen-Bataillon Italien lo freddarono nel corso di un rastrellamento casa per casa dopo che, pochi giorni prima, due soldati tedesco vennero uccisi dai partigiani. In tutto, furono trucidati 44 civili innocenti, inermi.

Nella sentenza, il giudice Massimo Maione Mannamo, per la morte di Enrico condanna il ministero dell’Economia a risarcire le due figlie con oltre 367mila euro ciascuno e i nipoti – figli delle terza sorella deceduta – con altrettanti soldi da dividere.

Sul greto del fiume Lamone, furono invece giustiziati Roberto e Mario. Entrambi contadini, finirono vittime del rastrellamento del battaglione: catturati mentre stavano lavorando nei campi di grano, vennero trucidati assieme agli amici di una vita. Il primo morì sul colpo, mentre il secondo si spense davanti ai suoi figli piccoli dopo due giorni di agonia.

Riconosciuta la totale responsabilità del Terzo Reich, e nello specifico del terzo battaglione volontari di polizia (un’unità mista italotedesca), la togata Susanna Zanda condanna al risarcimento, a differenza del collega, direttamente la Germania. Ben 150mila euro per figlio e nipote di Mario, e 300mila euro per il figlio di Roberto (all’epoca 35enne), per un totale delle tre cause che supera il milione e mezzo di indennizzo. In entrambi i casi, le sentenza sono una sorta di pass per accedere al fondo del Tesoro.

Ora però viene la parte più difficile. Oltre all’opposizione al risarcimento dell’Avvocatura dello Stato, che nei processi ha contestato la legittimità della richiesta per mancanza “di prove” o per “intervenuta prescrizione”, c’è la questione dell’accesso pratico ai capitali custoditi nel fondo. “Le sentenze sono accolte con favore dai nostri assistiti – spiega Diego Cremona, il legale delle vittime – per quanto adesso si profilino sul piano operativo dell’accessibilità al fondo incertezze che confidiamo di superare”. Non resta che aspettare, quindi.