Firenze, 10 gennaio 2025 – Suicidio assistito autorizzato, ma non del tutto. E’ il paradossale caso di una donna toscana di 70 anni affetta da Bpco (malattia polmonare causata dal restringimento persistente delle vie aeree). Il giudice del Tribunale di Firenze – si legge in una nota diramata dall’associazione Luca Coscioni – ha confermato il diniego presentato dalla Azienda Usl Toscana Centro in merito alla fornitura dei farmaci necessari alla procedura di“suicidio assistito, richiesto dalla 70enne, che aveva ottenuto dalla stessa azienda sanitaria il via libera per l’accesso alla procedura di aiuto alla morte volontaria, resa legale in Italia dalla sentenza 242\2019 sul caso “Cappato\Dj Fabo”.
I giudici hanno confermato il diniego, ritenendo che i farmaci idonei fossero reperibili privatamente in Italia e che la signora, non essendo in uno stato di indigenza, potesse acquistarli. La donna ha quindi deciso, tramite il suo team legale coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’associazione Luca Coscioni, di presentare appello alla decisione affinché sia ordinata la fornitura di tutti i farmaci, alcuni dei quali non reperibili privatamente, già autorizzati dall’azienda sanitaria.
In Toscana – continua la denuncia dell’associazione – al momento sono due le aziende sanitarie che stanno agendo in contrasto con la sentenza della Corte costituzionale. Oltre alla paziente 70enne affetta, infatti, anche un’altra donna, 54enne affetta da sclerosi multipla, che aveva ottenuto il parere favorevole per l’accesso al suicidio assistito a luglio 2024, sta attraversando lo stesso impasse, dopo che la Azienda Usl Toscana Nord Ovest continua a negarle il farmaco.
Le aziende sanitarie di Regioni come il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, invece, hanno portato a termine l’intera procedura, verificando le condizioni dei pazienti, definendo le modalità di attuazione e fornendo tutto il necessario, secondo quanto stabilito dalla Consulta. Adempimenti anche ribaditi a seguito della sentenza della Consulta dall’allora Ministro della salute Roberto Speranza in una lettera inviata ai Presidenti delle Regioni il 20 giugno 2022: “è da garantirsi che siano a carico del Servizio Sanitario Nazionale le spese mediche necessarie per consentire, al termine della procedura di verifica affidata alle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, il ricorso al suicidio medicalmente assistito ai pazienti che ne facciano richiesta.”
“Negare la fornitura dei farmaci che, diversamente da quanto sostenuto dall’Azienda sanitaria, non sono reperibili per via privata, significa violare la volontà della persona e disapplicare il giudicato costituzionale che ha inteso con il suo intervento eliminare discriminazioni nel rispetto del diritto all’autodeterminazione tra malati che scelgono percorsi di fine vita diversi”, ha dichiarato Filomena Gallo, coordinatrice del team legale della donna e segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni.
“La procedura autorizzata dall’azienda sanitaria prevede due percorsi con farmaci diversi. L’assunzione dei farmaci per via orale può essere potenzialmente pericolosa poiché può causare conseguenze come vomito e crisi convulsive che possono determinare una morte dolorosa fino al rischio di coma. Per questo è necessario che la procedura avvenga in sicurezza anche con i farmaci non reperibili per via privata. È il medico che decide, con il consenso del paziente, quale via intraprendere affinché come anche sottolineato dalla giurisprudenza ci sia una fine non dolorosa e rispettosa della dignità della persona e non può essere un giudice a farlo. Su questo punto il giudice di Firenze ha erroneamente interpretato la procedura medica prevista dalla letteratura scientifica e approvata dall’azienda sanitaria che oggi ne nega la fornitura. Nel frattempo le condizioni della signora sono peggiorate e rischia di non poter procedere secondo la propria volontà”.