Stefano Brogioni
Cronaca

Suicida a 20 anni, l’inferno a Sollicciano. “L’ultima chiamata alla mamma saltata per mancanza di linea”

Il viaggio da solo, dalla Tunisia all’Italia nascosto in un carico di olio. Poi rapine e piccoli reati: da ottobre era nel penitenziario degli adulti. Sarebbe uscito fra meno di 10 mesi: "Era stanco del carcere"

Firenze, 6 luglio 2024 – Fine pena 28 maggio 2025. Ancora qualche mese poi Fedi Ben Sassi avrebbe potuto ricominciare. O forse cominciare, visto che finora, i suoi vent’anni li aveva passati soprattutto tra istituti penitenziari minorili, comunità e, con l’arrivo della maggiore età, carcere. Rapine e resistenza a pubblico ufficiale: come ha ricostruito uno dei suoi legali, l’avvocato Elisa Baldocci, il ventenne aveva assommato condanne definitive per due anni, dieci mesi e 26 giorni ma, nel saldo con il “presofferto“, ovvero precedenti periodi passati con limitazioni della libertà, gli restavano comunque meno di 11 mesi. Troppi, quando qualcosa si spegne dentro.

"Ho pregato per lui sperando che la sua sofferenza sia finita - dice Fatima Benhijji, presidente dell’associazione Pantagruel che da anni opera nel carcere di Sollicciano e che solitamente segue le persone provenienti dall’area araba maggiormente in difficoltà e a rischio suicidio. Fedi è un ragazzo che ha sofferto moltissimo. E’ arrivato in Italia a 11 anni, dentro un camion di olio. Da minorenne ha girato tutta l’Europa. Ed è stato in un carcere minorile. A 18 anni e cinque mesi è entrato a Sollicciano".

Leonardo, altro volontario dell’associazione, è stato uno degli ultimi a vedere il ragazzo: "L’ho visto, mi sono fermato con lui e ho capito gli fosse stato negato qualcosa, ma non so cosa. Era molto sconfortato, mi ha detto di non farcela più ad andare avanti. Poi l’ho visto andar via e quando è rientrato in cella ha fatto quello che ha fatto". Leonardo lo conosceva "da quando è entrato, a 18 anni. Lo seguivo. Con lui avevo un buon rapporto, era un ragazzo molto tenero, dolce, con il suo passato di strada e problemi con la giustizia. Ultimamente era depresso, voleva andare via da qui. Era stanco dei due anni di carcere".

La mamma era rimasta in Tunisia e lui era arrivato qua come i tanti ’minori non accompagnati’ che sovente imboccano la strada sbagliata. Giovedì mattina aveva un appuntamento con lei in videochiamata: è saltata per problemi alla connessione. Ora non può far altro che sperare che le venga restituita la salma di suo figlio.

"Lo seguivo da quando era entrato a Sollicciano - dice l’avvocato Ivan Esposito del foro di Prato -. Era entrato in carcere in condizioni difficili perché veniva dalla strada, ed era da solo. All’interno del carcere aveva fatto un percorso lento ma progressivo, tra alti e bassi ma comunque positivo. Gli mancava poco più di un anno e avrebbe terminato. Questo è il mio grande rammarico perché pian piano eravamo riusciti a sistemare tutte le sue pendenze. Infatti aveva già finito il suo reato da maggiorenne, una rapina compiuta due anni fa, e adesso stava espiando dei reati commessi quando era minorenne. Purtroppo non ha retto".

Esposito aggiunge che ad avvisarlo del suicidio di Fedi è stato "un altro detenuto, mio assistito, che mi ha chiamato in lacrime. La dinamica precisa ancora non la conosciamo ma pare che sia rientrato in cella da solo, abbia bloccato la porta e si sia suicidato". Era nell’ottava sezione. Quella senz’acqua o infestata dalle cimici. Forse non è questa la causa del suo disagio, ma certo l’ambiente non lo ha aiutato.