LUCA
Cronaca

Teatri di Praga. Gorkij, O’Neill e Pirandello. Tre opere straordinarie in un’epoca ormai lontana

Il 7 aprile 1935 Renato Poggioli scrive per "La Nazione" durante un soggiorno cecoslovacco. Una città piena di vita che ha trovato nell’arte un grande mezzo di espressione popolare.

Renato Poggioli è stato uno slavista, traduttore e critico letterario. Era specializzato in letteratura russa

Renato Poggioli è stato uno slavista, traduttore e critico letterario. Era specializzato in letteratura russa

In questa stagione il teatro boemo s’è imposto all’attenzione del mondo con la messinscena di tre drammi che portano il nome di tre grandissimi autori stranieri, un russo, un americano ed un italiano. Infatti, il giovane teatro d’avanguardia D. 35 ci ha dato la prima occidentale (così dicevano i cartelloni) di Jegor Bulyciou di Massimo Gorkij, e il Teatro Nazionale ci ha dato la prima rappresentazione europea di Il lutto s’addice ad Elettra di Eugenio O’ Neill, nonchè la prima assoluta di Non si sa co me di Luigi Pirandello. Di quest’ulti mo spettacolo s’è parlato abbastanza nella stampa italiana e straniera, ed è per questo che ci occuperemo degli altri due.

Jegor Bulyciou è il quadro caotico e parossistico della borghesia russa di origine popolare e contadina alla vi gilia della grande rivoluzione. Il ricco mercante Jegor Bulyciov è gravemente ammalato, roso da un cancro che lentamente l’uccide. Egli rappre senta la vecchia Russia, ma quella insieme nobile e rozza, e che pur non credendo più in nulla, serba sempre l’orgoglio della propria potenza e della propria ricchezza. Ma l’altra vecchia Russia, quella più vasta e più nota, fatta solo d’egoismi e di pregiudizi meschini, meglio che in lui s’impersona in sua moglie Xenia e in sua cognata, la badessa Melania, nonchè in una folla di personaggi minori. Le generazioni più recenti, quella della Russia media e mediocre, dei borghesi gretti e degl’intellettuali senza ideali, trova invece i suoi grigi e foschi eroi nella figlia maggiore di Jegor e in suo marito avvocato. Il sangue nuovo, quello ravvivato dalla guerra e già maturo per la rivoluzione, scorre solo nelle vene d’una bastarda di Jegor, la cinica e franca Alessandra, e forse anche nella serva Glatiza, dolce e devota concubina del vecchio mercante. All’eccezione di queste due giovani donne, rondini o colombe dell’avvenire, tutti i personaggi del dramma non sono altro che uccelli rapaci, che lugubri corvi che spiano avidamente la battaglia di Jegor con la mor te. Ma Bulyciov lotta con testarda tenacia contro gli uomini e contro il destino, e smaschera continua mente le menzogne e gli appetiti di tutti coloro che lo circuiscono e che lo circondano. Ma il timore della morte imminente, come al marinaio in procinto di naufragare, lo fa ‘ricorrere anche a quei miracoli e a quelle stregonerie in cui non crede, per riderne e bestemmiarle subito dopo. La scena dello Spido ciarlatano che si vanta di guarire ogni malattia suonando un suo vecchio trombone, e che è costret to da Bulyciov a far echeggiare le sue. note stonate all’orecchio di tutti i pre- senti fino a metterli in fuga come se la sya fosse la tromba del di, del Giudizio, attinge il livello d’un grottesco dostojevskiano. Il dramma si chiude con la morte del vecchio, mentre al di là delle finestre squilla un cantico giovanile di rinnovamento e di rivoluzione.

Come tutti sanno, il lutto s’addice ad Elettra è rivolto più verso la leggenda che verso la storia, leggenda che invece di campeggiare sullo sfondo della polemica politica, si riflette sullo schermo della medicina e della scien za. Come già l’Ulysses di un altro originario irlandese, James Joyce, questo dramma è una specie di ricalco psicanalitico d’un capolavoro del genio greco, e precisamente della trilogia sofoclea. I quattro personaggi princi- pali sono Ezra Mannon (Agamennone), la moglie Cristina (Clitemnestra), e i due figli Oriu (Oreste) e Lavinia (Elettra). Epoca e luogo: il Nordamerica dopo la guerra di secessione. Il generale nordista Ezra Mannon ritornò vittorioso a casa, ignaro dei legami che durante la sua assenza si sono stretti fra Cristina ed il capitano Brand. Lavinia cerca invano di far scoprire al padre la tresca, ma Cristina, timorosa di perdere la propria felici tà, avvelena il marito col pretesto di somministrargli un calmante per l’insonnia. Lavinia accorre appena in tempo per intuire la verità, ma essa man ca di prove, e il delitto sembra debba restare impunito. Subito dopo torna dalla guerra anche il fratello Oriu, ferito alla testa, e legato alla madre da un affetto più o men che filiale. Lavinia lo convince della colpabilità della madre con und stratagemma.