
Per il coordinatore di Fdi, in rampa per la Toscana, i problemi delle aziende sono burocrazia e tempi. L’investitura ufficiale? "Ma sono mesi che consumo le scarpe. Spero nel via libera il prima possibile" .
di Francesco Ingardia
Un cin cin dietro l’altro. Il Vinitaly di Verona diventa una calamita per la politica toscana, ancor di più in tempi di dazi trumpiani. Il sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi, non è da meno. Candidato governatore in pectore in quota Fratelli d’Italia di cui è coordinatore regionale se solo Lega e Forza Italia alzassero bandiera bianca. Il risiko delle regionali è sospeso fino a domani quando la Consulta non chiarirà se il terzo mandato sarà concesso a chi lo brama (De Luca in Campania e di rimando Zaia in Veneto).
Tomasi, che dicono i 450 espositori toscani in fiera a Verona? "Ho ascoltato le istanze di Coldiretti, Confagricoltura, dei Consorzi, delle aziende toscane e del mio territorio. La contrarietà ai dazi è trasversale, come lo è la certezza che i contro-dazi non siano la risposta giusta, una simile escalation sarebbe solo dannosa. Non servono soluzioni isteriche. L’aspettativa delle aziende è che le trattative Ue-Usa portino se non a una cancellazione a un dimezzamento di quel 20% dei dazi".
L’export toscano di vino in America vale 400milioni: teme emorragie occupazionali e la recessione del settore? "Non ho questo sentore, perché mi ha colpito l’istantanea capacità di reazione delle nostre aziende nella volontà di diversificare e sviluppare altri mercati oltre gli Stati Uniti, a partire da Sud America e Asia. Temo i dazi perché sono contrario: Trump ha sbagliato, se ne accorgerà e ne pagherà le conseguenze. Compito della politica è lavorare pancia a terra per togliere o ridurre i dazi, ma oltre a questo ho visto al Vinitaly un grande entusiamo di aziende piccole o grandi che possono celermente agire per ridurre l’impatto dei dazi così come sono. E questo lo valuto un fattore molto positivo".
C’è il rischio desertificazione di aziende americane da una Toscana meno attrattiva coi dazi? "Va visto caso per caso. Difficile però che un imprenditore fugga dalla Toscana dall’oggi al domani quando sul territorio trova know how, business, formazione e capacità produttive. A Pistoia ho a che fare ogni giorno con nipponici di Hitachi, con Caterpillar. Se le interlocuzioni sono costanti e i settori produttivi vengono seguiti e soprattutto in tempi di pace non vedo come possano andar via al primo temporale".
Che tipo di misure prenderebbe a tutela del ’Made in Tuscany’? "Farei cose semplici, quelle che mi chiedono gli imprenditori: certezza nei tempi di risposta delle pubbliche amministrazioni, uniformità della legge urbanistica (5 anni di attesa per una variante sulla costruzione di un capannone farebbero scappare via qualsiasi azienda) rispetto ai vincoli e vincoletti dei regolamenti, sburocratizzazione e semplificazione nell’accesso ai canali di finanziamento europei. E poi formazione, formazione, formazione. Troppe aziende mi dicono che faticano a assumere maestranze, tecnici, orafi. Tutelerei il nostro core business dei comparti moda, turismo, manifattura, aggiungendone altri. Più l’economia toscana si differenzia, più questa è resiliente ai venti di crisi. Con meno burocrazia e tempi più certi le aziende possono fare impresa in modo migliore, senza che il pubblico le sostituisca".
Meglio un negoziato bilaterale Meloni-Trump o europeo? "I dazi sono su tutta l’Ue e la risposta deve essere europea. Mi sembra chiaro però che la von der Leyen abbia incaricato Meloni (anche informalmente) di portare avanti con Trump una trattativa complessiva per il ruolo privilegiato che la premier e l’Italia si è costruito".
Giani però ha definito il governo Meloni "acquiescente" verso Trump, è così? "Non credo che a dare giudizi debba essere un presidente di Regione. Meloni ha ampiamente dimostrato di saper fare l’interesse nazionale e europeo".
Ci spiega perché da Roma dovrebbe arrivare la fumata bianca per lei e non per Meini della Lega o per uno tra Stella e Bergamini di FI come candidato governatore? "È una domanda che andrebbe fatta a Roma - ride, ndr -. Spero che il candidato arrivi il prima possibile. Io nel frattempo sono mesi che giro la Toscana per conoscere i territori, i comitati, le associazioni di categoria, i sindacati. La campagna elettorale è già iniziata".
Vannacci ha preso la tessera della Lega. Lo vede come un valore aggiunto per il centrodestra o un sovranista che rischia di allontanare civici e moderati a cui le guarda? "Ha fatto bene ad aderire a un partito che lo aveva candidato da indipendente. Ma rovescio il tema: potrebbero innervosirsi i civici e i moderati? Ci pensa il garante della coalizione a fare sintesi, che è il candidato governatore che firma un patto con gli elettori".
E lei è pronto a fare da garante? "Lo faccio già da otto anni in giunta a Pistoia. Il tema è che la coalizione sappia fare sintesi, e non come a sinistra dove fanno tutto e il contrario di tutti per accontentare i 5Stelle o Italia Viva che stanno agli antipodi. Nel centrodestra ci sono questioni centrali a tutti i partiti, sensibili non solo ai moderati. Quando Vannacci parla di sicurezza è perché è preoccupato di chi subisce furti, spaccate o per lo spaccio di droghe, come lo sono i moderati, la Lega e Fratelli d’Italia".