Fra pochi giorni partirà da Firenze per tornare all’Aquila, dopo oltre dodici anni di ricovero e cure all’Opificio delle Pietre Dure della Fortezza da Basso.
E’ il monumentale Gonfalone in seta rossa dipinta a olio, raffigurante i Santi protettori del capoluogo abruzzese, realizzato nel 1578 circa da Giovanni Paolo Cardone, di proprietà del Museo Nazionale d’Abruzzo (Munda).
Danneggiato dal terremoto del 2009, l’enorme gonfalone di quattro metri e sessanta per tre metri e venti, è stato restaurato grazie al finanziamento dall’Associazione Bancaria Italiana (Abi) e dalle banche del Gruppo di lavoro Relazioni culturali dell’Associazione.
Ieri all’Opificio, la presentazione dell’intervento, prima che il capolavoro tessile riparta, il 4 febbraio, per l’Aquila, alla presenza della soprintendente Emanuela Daffra, la direttrice del Munda, Federica Zalabra, e il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli.
Il gonfalone fu dipinto fra il 1578 e 1579 per rimpiazzare un precedente esemplare donato dalla città dell’Aquila alla Basilica di San Pietro per il Giubileo del 1575. "La veduta della città raffigurata dall’alto al centro consente di conoscere l’Aquila come era prima del terremoto del 1703 - ha spiegato Federica Zalabra –. La scena centrale è racchiusa in una cornice a fregi dorati, interrotta in corrispondenza dei lati maggiori da medaglioni con l’aquila nera dello stemma civico e di quelli minori dal trigramma bernardiniano entro un sole sfavillante".
In basso, cinque pendenti o “drappelle“ rettangolari in cui si alternano S. Antonio da Padova, S. Francesco d’Assisi, S.Giovanni da Capestrano e Santi vescovi.
Per secoli lo stendardo è stato conservato nella Basilica di San Bernardino e fino al 1815, il 10 agosto, veniva portato in processione per implorare "la serenità dell’aria".
Passò poi nel Castello Cinquecentesco, dove si trovava nel 2009 e dove adesso tornerà anche se in via provvisoria. Nel 2013, grazie all’Abi, fu affidato all’Opificio delle Pietre Dure dove il restauro si è concluso nel 2015. Il Gonfalone è stato dapprima ripulito dai materiali che il tempo e il terremoto avevano depositato sulla superficie; alla seconda fase risalgono consolidamento e riadesione dei sollevamenti tessili.
"L’Abi è orgogliosa di aver contribuito al restauro del Gonfalone - ha detto Antonio Patuelli –. Questo importante progetto testimonia la forza della collaborazione per la salvaguardia e la tutela della nostra eredità artistica, storica e culturale".