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Toscana leader nell'alimentazione certificata: 90 prodotti Dop e Igp nel rapporto Ismea Qualivita 2024

La Toscana guida la classifica nazionale con 90 prodotti Dop e Igp, ma affronta sfide nel settore vinicolo e agricolo.

Mauro Rosati, Fondazione Qualivita

Mauro Rosati, Fondazione Qualivita

di Paolo PellegriniFIRENZE

Volete mangiare, e soprattutto bere, come si deve? Venite in Toscana. Lo dice il rapporto Ismea Qualivita 2024: con 90 prodotti Dop e Igp, la Toscana è in testa alla classifica nazionale dell’alimentazione certificata di qualità davanti a Veneto (89) e Piemonte (84). Già: però 58 di questi prodotti sono vini (52 dop, che sarebbero le vecchie denominazioni Doc e Docg) e 6 Igp, contro 32 prodotti alimentari, divisi equamente in 16 Dop e 16 Igp, e tra questi un bel posto spetta all’olio con quattro Dop e una Igp. Poi, dietro ma staccati, ci sono formaggi, salumi, ma anche carni, miele, funghi, castagne e marroni, fagioli, perfino il pane e i più celebri dolci natalizi senesi, panforte e ricciarelli.

Un mondo ricco di sapori, insomma. Un mondo che con i suoi 1.356 milioni in valore alla produzione pesa per il 26% sui 5,2 miliardi di euro dell’intero Pil agroalimentare toscano, e dà lavoro a quasi 18mila imprese addette, portando la regione al quinto posto della graduatoria nazionale stracomandata dalla corazzata Veneto con i suoi 4.852 milioni, con le damigelle d’onore Emilia Romagna (3.874 milioni) e Lombardia (2.581 milioni) mentre il quarto posto è occupato dal Piemonte con 1.641 milioni.

Ma è una fotografia in chiaroscuro, questa del rapporto Ismea-Qualivita. Che intanto vede un calo del 5,5% nel 2023 sul 2022, con il meteo che ha flagellato l’olio extravergine ma anche diverse colture orticole, senza contare crisi ormai strutturali come nel caso dei cereali, del latte e anche nel caseario, che comunque vede il pecorino toscano al decimo posto nella scala nazionale dei formaggi, pur con segnali altalenanti: produzione -4,9% a 2.884 tonnellate, ma valore alla produzione +2,4% e al consumo +35,2%, mentre il valore dell’export cala del 6,6%. Scende in quantità (-1,7%, sesto tra le carni) anche il prosciutto toscano Dop che perde il 37% di valore alla produzione e il 2% al consumo, mantenendosi stabile nei ricavi da export (16 milioni di euro). Eppure le carni fresche conquistano il secondo posto nazionale e sul podio vanno naturalmente anche il vino, terzo con 1.164 milioni dietro Veneto e Piemonte (ma le singole denominazioni sono piuttosto indietro: Chianti Classico undicesimo, subito davanti a Chianti Docg e Brunello di Montalcino), e l’olio, settore dominato da Puglia e Sicilia. Insomma, non è proprio tutto oro.

"La Toscana – osserva Mauro Rosati, direttore della Fondazione Qualivita e attento esperto del settore – deve intraprendere un necessario percorso di umiltà e ridefinire le proprie priorità agricole, focalizzandosi sulla qualità e diversificando gli investimenti oltre il settore vinicolo". "Il vino - continua - pur restando un pilastro dell’economia regionale, sta attraversando evidenti difficoltà a livello globale", quindi "è essenziale sviluppare filiere più strutturate in altri ambiti per favorire lo sviluppo delle aree marginali".