Firenze, 3 luglio 2017 - A un passo dalla morte per un’errata somministrazione di una dose morfina. Da un’operazione per un “normale” intervento chirurgico a una gamba dopo un incidente stradale, a una tragedia evitata soltanto con l’antidoto farmacologico, cioè il Narcan.
È l’incredibile vicenda che ha per protagonista un ragazzo di 12 anni e l’ospedale Meyer, eccellenza non soltanto locale della medicina pediatrica. Per questo clamoroso errore, che per ore spinse all’inferno una famiglia intera, è finito a processo l’infermiere che materialmente iniettò a Simone (nome di fantasia) una dose di 18 milligrammi di morfina, quantità che, secondo le indagini condotte dal pm Massimo Bonfiglio, «sarebbe esagerata anche per un paziente che pesava cento chili». Invece Simone ne pesava appena 36. Era stato investito in bicicletta, vicino a casa, e l’ambulanza lo catapultò al Meyer, dove venne operato per due volte per una frattura scomposta di tibia e perone. Al suo risveglio, il ragazzo accusava dolore. Ed ecco che il medico anestesista gli prescrisse testualmente «0,05 mg di morfina in bolo lento per la durata di dieci minuti».
Ma l’infermiere capì male. E la dose si moltiplicò di dieci volte: 0,5 milligrammi al chilo. Totale 18 milligrammi, una dose spaventosa. L’iniezione – per altro un’unica dose non diluita come prescritto – avvenne davanti ai genitori che chiedevano se fosse giusta quella siringa sproporzionata. No, non lo era. E il ragazzino precipitò in una vera e propria overdose. Perse conoscenza, il suo respiro si fermò. Per salvarlo, i medici lo rianimarono con la maschera d’ossigeno e infine il narcan. L’inchiesta della procura (il reato ipotizzato è lesioni) aveva inizialmente coinvolto sia l’anestesista (poi archiviato), che l’infermiere, quest’ultimo difeso dall’avvocato Filippo Cei. Che, interrogato dal pm, si è difeso dicendo di aver «capito male». «Mi rivolsi al medico dicendo: 0,5 pro chilo?». L’anestesista disse sì e si allontanò e poi - ha riferito l’infermiere indagato - «non ho controllato la dose indicata nel protocollo, che comunque si trovava in cartella, dato che era presente lo stesso anestesista il quale mi confermava la dose».
Per la Procura si tratta di un errore «esclusivamente infermieristico». Il medico, nell’interrogatorio, ha riferito che la condotta dell’infermiere è stata «inspiegabile», perché «tra prendere la morfina dalla cassaforte, annotare sul registro degli stupefacenti il quantitativo prelevato, diluire il farmaco», questi, «capace ed esperto», si sarebbe dovuto «porre il problema di una dose tanto spropositata eventualmente richiedendo una ulteriore conferma».
Così sarà processato il prossimo 9 novembre 2017, davanti al giudice Cannatà. In compenso, dopo questo dramma sfiorato, il Meyer ha cambiato i protocolli per la somministrazione di morfina, aggiungendo un doppio controllo dei sanitari: un infermiere prepara, un altro verifica. Ma il giorno delle dimissioni, nella lettera non vi era traccia dell’«evento avverso» capitato a Simone: venne inserito dopo esplicita richiesta dei genitori del 12enne.