Firenze, 11 ottobre 2024 – Lui un “gentiluomo” dai modi affabili, ma con tanti creditori alle calcagna. Lei una ricca signora fiorentina, con molta liquidità e un gusto opinabile per l’arte. Sono i due protagonisti della ’truffa sentimentale’ finita davanti ai giudice del tribunale civile di Firenze. Tutto inizia nel settembre del 2017, quando i due si conosco, si innamorano (almeno lei) e cominciano una relazione sentimentale che durerà un anno. Tempo utile all’uomo, all’epoca 45enne, per ’spillare’ oltre 400mila euro alla sua amata, mossa a compassione dalle cattive acque in cui lui navigava e convinta che quei soldi, prima o poi, gli sarebbero stati restituiti nel corso della “vita insieme” che gli era stata promessa.
Per ufficializzare il “prestito”, i due stipularono anche un contratto di compravendita con il quale lei acquistava dall’uomo tre quadri per un valore totale, per l’appunto, di circa mezzo milione di euro. Peccato che quelle opere, secondo un consulente tecnico, valessero appena 500 euro. Mentre la relazione, conclusa la transazione, si è improvvisamente interrotta proprio per volere dell’uomo.
Ieri la terza sezione civile della Corte d’appello di Firenze, ha però confermato (in parte) la sentenza di primo grado, condannandolo a restituire i 400mila euro alla ex, più un risarcimento per il danno patrimoniale di circa 14mila euro e le spese legali che si aggirano sulle 40mila euro.
La sentenza fa perno sull’annullamento per dolo del contratto di compravendita delle presunte opere d’arte. La donna – difesa dall’avvocato Saverio Giangrandi – avrebbe infatti “acconsentito a donargli del denaro solo perché, a causa dei raggiri dell’uomo, aveva creduto che fosse necessario per iniziare una vita insieme”, fatta di piccoli gesti, come “coltivare zucchine, dormire insieme, mollare il lavoro e passare più tempo uno accanto all’altro”, si legge nelle chat prese in esame.
Inoltre, continuano i giudici, “le menzogne sul progetto di vita in comune, sugli asseriti debiti con dei legali e sulle minacce alla propria vita, hanno ingenerato un errore sulla qualità della persona”, inficiandone sul consenso poi prestato per il contratto di compravendita dei quadri. Quadri che lo stesso ’gentiluomo’ ha definito più volte “immondizia” e “croste senza valore”.
Dalle chat emerge anche che l’uomo minacciò più volte gesti estremi, come lo “sciopero della fame” o “l’impiccagione”, per convincere la donna a farsi versare altri 90mila euro che lei rifiutava di dargli. E alle domande circa l’utilizzo dei 400mila euro, usati per placare “avvocati” e possibili “pignoramenti” di beni, lui lamentava profonde crisi economiche che, alla luce dei fatti, non sono mai state dimostrante fino in fondo in sede giudiziale.