di Manuela Plastina
Hanno perso quasi 13 mila euro per una truffa, nonché la causa intentata contro la loro banca rea, a loro dire, di non aver tutelato i dati sensibili. I fatti risalgono al luglio del 2020: una dei due titolari del conto corrente della filiale di Figline di un noto istituto di credito, ha ricevuto una telefonata da un numero verde che corrisponde a quello della banca stessa.
L’uomo dall’altra parte del telefono si è presentato come operatore del "gruppo antifrode" dell’istituto di credito: avvisava che c’erano stati vari tentativi di accesso al suo conto corrente e che erano stati addebitati alcuni bonifici annullabili solo seguendo le istruzioni telefoniche. La titolare del conto corrente ha seguito tutto ciò che le veniva richiesto, leggendo dei codici Otp che riceveva tramite sms, confermando varie operazioni coi propri pin personali.
Qualche dubbio, ha ammesso la truffata, le era venuto, ma il numero verde della banca scritto sullo schermo le dava fiducia nella bontà della telefonata, continuando nelle operazioni. Ha effettuato così bonifici istantanei e ricariche su una carta prepagata per un totale di 12.910 euro.
Solo al termine della telefonata, la correntista ha richiamato quel numero verde presa da uno scrupolo. La banca, quella vera, le ha risposto quanto temeva: nessuno dei suoi operatori avrebbe mai potuto fare delle richieste simili e i versamenti ormai registrati non erano più bloccabili.
Nel 2022 i due titolari del conto corrente hanno portato in giudizio la banca e anche la persona a cui era intestata la carta prepagata. Quest’ultima ha dimostrato alla giudice la sua estraneità nei fatti: la sua identità è stata rubata e utilizzata per la truffa.
Anche la banca è stata assolta: il suo numero verde è stato clonato attraverso un caller ID spoofing, truffa insidiosa e sempre più comune. I truffati invece sono rei di "grave negligenza": pur avendo intuito che qualcosa non tornava, hanno fornito i propri dati, confermato operazioni, inserito i propri codici bancari, dato il via libera ad accessi e bonifici di loro iniziativa.
"La superficialità degli attori – si legge nella sentenza -, è ravvisabile nell’aver dato credito al proprio interlocutore anche se aveva avuto dubbi sulle telefonate, senza preventivamente effettuare lei stessa una chiamata al numero verde o un controllo sul conto".
La colpa dunque è tutta sua per essersi lasciata truffare. E deve anche pagare le proprie spese legali (compensate tra le parti).