Firenze, 30 agosto 2018 - Il turismo sanitario da una regione a un’altra rischia di far saltare il delicato equilibrio del sistema. Il vero e proprio boom registrato negli ultimi anni – con un incremento fra il 2011 e il 2017 del 26% nel settore privato a fronte di una diminuzione del 18% nel servizio pubblico – di cittadini che sono arrivati in Toscana per usufruire di prestazioni nelle strutture del privato convenzionato, senza pagare ma con costi a carico della nostra Regione che dovrebbe in seguito essere rimborsata da quella provenienza del paziente, pone un’ incognita sull’autosufficienza – in termini di risposta regionale – al fabbisogno dei toscani. Non solo.
Ma data l’incertezza di incassare effettivamente i circa 150 milioni (il saldo netto tra gli oltre 300 di credito che la Toscana vanta sulle altre Regioni e quello che invece paga per i cittadini che vanno a curarsi altrove), si rischia di vedere ridurre le risorse complessivamente disponibili, già fortemente contingentate.
Ma perché arrivano in Toscana da fuori e perché i toscani se ne vanno? A parte l’alta complessità, la specialistica che ogni ospedale può offrire come fiore all’occhiello, c’è il problema delle liste d’attesa. In pratica se un paziente deve fare una protesi del ginocchio e a casa sua gli prospettano un’attesa di oltre un anno, prova a cercare soluzioni altrove. Su internet è facile trovare case di cura private convenzionate che – a zero spese per il paziente – lo possono fare entrare in sala operatoria anche il giorno successivo. Mettendo in conto il costo dell’intervento e della degenza alla sua regione d’appartenenza. Tutto secondo quanto prevede la legge.
Ma in questo panorama, un’esplosione di tour in giro per l’Italia, con interventi anche a forte rischio inappropriatezza (per la maggior parte in ambito ortopedico), è risuonato il richiamo del coordinatore della conferenza Stato-Regioni, dove si interverrà per tagliare i rimborsi per le prestazioni non di alta complessità, la Regione Toscana intende mettere pesantemente le mani per ridurre il tetto delle prestazioni da offrire ai pazienti extra regione.
Il panorama degli erogatori privati di salute in Toscana è molto variegato e comprende circa 200 soggetti, fra cui una ventina di case di cura, mentre il resto si suddivide fra ambulatori e laboratori di privato puro e del terzo settore. Alcuni di questi erano già presenti nel 2011, l’anno di riferimento in cui sono stati determinati i tetti previsti dal limite di legge, altri non sono più attivi ed altri ancora sono arrivati recentemente.
Ora, in base alla stuazione che è venuta a crearsi, la Regione ha intenzione di ridefinire i rapporti con il privato convenzionato, in un contesto dove la programmazione della rete di offerta regionale e le concrete possibilità di soddisfacimento dei bisogni di salute, passano, anche e soprattutto, dalla coerenza del modello di integrazione fra offerta sanitaria pubblica e privata.
Quindi dev’essere messa in piedi una strategia di riprogrammazione che sia in grado di disegnare per ciascun soggetto il percorso più efficace per riconciliare i limiti contrattuali con le specifiche capacità produttive in risposta al bisogno di salute attuale. Con la definizione di di tetti unici per ciascuna casa di cura, senza distinzione di tipologia di prestazione (ricovero e specialistica ambulatoriale), casistica, complessità e provenienza del paziente.