Firenze, 15 aprile 2023 – "Non c’è più il concetto del viaggiare educativo, noto più un passaggio inconsapevole tra tesori che si devono per forza vedere ma che forse neanche si comprendono". Cristina Acidini, storica dell’arte per otto anni soprintendente al Polo museale fiorentino, s’inserisce nel dibattito sollevato da La Nazione inquadrando il fenomeno del turismo di questi anni nevrotici e balordi - massiccio, oltremodo ruvido e slacciato dal corpo emozionale e dal tessuto umano della città.
Professoressa, il turismo a Firenze non è cambiato. Anzi forse è peggiorato. Frenetico, impattante, distratto
"Servirebbe un’analisi approfondita".
Siamo qua
"Da un punto di vista antropologico e anche psicologico dovremmo interrogarci su cosa cerca e cosa si porta via chi visita la città rispetto a una volta. Poi c’è l’aspetto più concreto, quello delle logiche dei tour operator e dei loro pacchetti del tutto in poco tempo".
Serve un dialogo?
"Quando ero soprintendente provai più volte a interloquire con questi soggetti trovando certo anche ascolto, ma mai un’unità di visione. Loro hanno il potere, quello appunto di offrire pacchetti".
Quindi dobbiamo arrenderci al turismo del ‘chilometro quadrato’: Duomo, Signoria, Ponte Vecchio e poi tutti sul treno?
"L’unica cosa che possiamo sperare è che prima o poi si aggiunge qualità ulteriore: esperienze enogastronomiche, un giro dei cenacoli o delle Ville Medicee ma tutto quello che possiamo fare sono inviti che spesso cadono nel vuoto. Ai tour operator servirebbero degli incentivi...".
Qualcosa però, almeno a livello di decoro estetico si potrebbe fare. Le t-shirt con il volto della Monna Lisa che fa la linguaccia, le mascherine di Venezia in San Lorenzo o i grembiulini con le grazie del David stampate sopra non sono un bello spettacolo.
"Ricordo il grande disagio che provavo quando vedevo i venditori abusivi piazzare agli stranieri stampe con un cavallo che corre sulla spiaggia fuori dall’Accademia. Ma che senso ha? Per il resto come si può imporre di cambiare l’offerta merceologica? Il Comune un po’ ci prova: almeno si è detto basta ai grappoli di borse attaccate ai palazzi storici. Che poi diciamocelo sbattere la testa su un muro di cuoio non è certo piacevole".
Strana gente i fiorentini. S’indignano per la città svenduta e poi sono i primi a svenderla.
"Un classico, si giudica sempre solo quello che fanno gli altri. Io però, oltre che per lo snaturamento dei palazzi pieni di airbnb e di un centro che è sempre più respingente per i fiorentini, sono preoccupata per i giovani".
In che senso?
"Non possiamo essere noi a biasimare un ragazzo che mette a rendita la casa ereditata dalla nonna ma allo svilimento culturale di Firenze non ci pensiamo? La conoscenza, il mettersi in gioco servono per provare a progredire. Così invece ci si siede. Speriamo di non tornare a essere tutti come i servitori di piazza del Settecento che proponevano visite ai musei perché magari avevano qualche conoscenza negli uffici granducali".
Il paragone con la vicina Prato per esempio è impietoso. Negli ultimi decenni ha prodotto premi Oscar, premi Strega... Forse perché aveva fame. E Firenze? Satolla?
"Certo, è un esempio che regge. Se non si ha lo stimolo di crescere e ci si accontenta...".
Insomma la città non se la passa bene professoressa?
"Il centro storico. E’ ostile con gli stessi fiorentini. Perché mai io dovrei andare a vedere una vetrina in centro se non ce ne sono più di belle, se non c’è più la qualità? Tutti locali uguali che vendono merce scadente e che mi auguro in molti casi non siano attività di facciata. Meglio allora un centro commerciale in periferia no?".