Firenze, 8 dicembre 2017 - E’ STATO un duello a fil di spada tra l’accusa, il sostituto procuratore Daniela Cento e la difesa, l’avvocato Massimiliano Manzo. La vicenda così cruenta e feroce di Mirco Alessi il 43enne fiorentino che il 29 giugno 2016 ha trucidato il transessuale brasiliano Gilberto Manoel Da Silva, 45 anni, e poi la 27enne dominicana Mariela Josefina Santos Cruz è stata analizzata in ogni dettaglio.
La pubblica accusa non ha mancato di sottolineare come infierire con 94 colpi di machete su una persona sia una orrenda ferocia che costituisce una aggravante per comminare una pena definitiva. Il pm Cento aveva ritenuto aggravante anche il fatto che Alessi avesse fatto girare la vittima come per avere un rapporto sessuale, minorandone così la difesa. Già questo da solo, senza contare che il killer Mirco Alessi in quell’appartamento di via Fiume, a due passi dalla stazione di Santa Maria Novella, aveva fatto una mattanza, meritava l’ergastolo per l’accusa.
QUESTA la frenetica, drammatica ricostruzione: dopo una ennesima lite il 42enne sarebbe andato in casa di Kimberly (questo il nome d’arte del transessuale) e in cucina avrebbe preso un grosso coltello e con questo prima inferto 94 colpi al trans stesso e poi, uscendo dalla camera, avrebbe colpito con 18 coltellate anche Mariela Josefina Santos Cruz, amica comune, che era riuscita a trascinarsi sul pianerottolo del palazzo e qui era morta dissanguata: uno dei colpi le aveva reciso l’arteria femorale. In questi comportamenti il pm Daniela Cento aveva ravvisato tutti quegli aspetti che l’avevano indotta a chiedere l’ergastolo per Mirco Alessi con isolamento diurno per due anni. Dalla furia di Alessi, processato per duplice omicidio volontario pluriaggravato e tentato omicidio, si era salvata una seconda amica del transessuale che insieme alla 27enne era ospite nell’abitazione di via Fiume da soli due giorni.
Era scampata a morte certa gettandosi in strada, nel vuoto, dalla finestra del primo piano. Aveva riportato fratture multiple agli arti inferiori e superiori, ma era viva. Le urla e il sangue che vedeva schizzare ovunque l’avevano spinta a gettarsi dalla finestra finendo sul marciapiede dove poi era stata soccorsa.
Dopo tutto questo ‘macello’ Alessi era riuscito a fuggire ma era stato arrestato, in tarda serata, dai carabinieri nel Senese. Marlenis, vittima scampata, non dimenticherà mai quello che ha visto quel giorno.
IERI non era presente alla lettura della sentenza del processo in corte d’assise presieduta da Ettore Nicotra e Silvia Cipriani giudice a latere, oltre ai giurati popolari.
La Corte ha stabilito per lei un risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede ma fissando già una provvisionale immediatamente esecutiva di 200mila euro.
La difesa dal canto suo ha ribattuto a ogni colpo della pubblica accusa: «I giudici - ha spiegato l’avvocato Manzo - hanno accolto la nostra ricostruzione e soprattutto accertato l’assenza di premeditazione. Per questo hanno condannato l’imputato a 30 anni e non all’ergastolo». Questa è stata la battaglia della difesa che ha ricostruito come Alessi sia uscito di casa rabbioso, ma disarmato. E che solo lì in casa di Kymberli con il quale aveva una relazione segnata da continui litigi, aveva afferrato un coltellaccio da cucina, una lama da macellaio e poi perpetrato la strage. Entro 90 giorni le motivazioni: e qui si farà luce sulle attenuanti.
am ag