di Stefano Brogioni
FIRENZE
I due giovanissimi brasiliani accusati di rapina e dell’omicidio aggravato dell’ambulante iraniano Kiomars Chaikar Safaei, 72 anni, hanno agito "senza dare alcun valore alla vita umana", ritenendola "meno importante del loro modesto guadagno".
E’ un passaggio dell’ordinanza con cui il gip, Angelo Antonio Pezzuti, ha disposto la custodia cautelare in carcere per i fratelli Matteo e Guglielmo Ponciano, 19 e 24 anni, dipendente ed ex dipendente del commerciante iraniano morto per asfissia in seguito a una lunga agonia, dopo essere stato picchiato nel suo appartamento al sesto piano di via Francesco De Pinedo.
Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Sandro Cutrignelli, proseguono spedite, per consolidare, anche con dati scientifici, il quadro accusatorio.
Ma il movente sembra ormai chiaro: i Ponciano, che ben conoscevano le abitudini dell’“ambulante buono“ che vendeva souvenir alla loggia del Porcellino, volevano rapinarlo del denaro contante che probabilmente custodiva in casa. D’altronde, se si fossero accontentati dell’incasso dell’ultimo giorno, mercoledì 29 novembre, non ci sarebbe stato bisogno di seguirlo fino a Novoli.
Invece, come dimostrano i tracciati delle celle telefoniche a cui si sono agganciati gli smartphone in quel pomeriggio e le telecamere (una delle quali puntata sull’androne del civico 58), Guglielmo Ponciano - che fino a due mesi fa avveva lavorato al banco di Safaei - ha anticipato di qualche minuto l’iraniano, l’ha atteso davanti alla porta di casa e poi, dopo averlo spinto dentro, l’ha immobilizzato e incappucciato, dopo avergli applicato nastro sugli occhi, sulla bocca, ai polsi. Poi ha rovistato l’appartamento, in cerca di soldi. Quanti? Le indagini proseguono per stabilire quale sia stato il prezzo di questo omicidio disumano.