REDAZIONE FIRENZE

Ucciso in casa. Sacchetto in testa e mani legate. Come un’esecuzione

Commerciante trovato morto nel suo appartamento al sesto piano. Aveva 72 anni, viveva da solo. Telecamere e telefono al setaccio.

Ucciso in casa. Sacchetto in testa e mani legate. Come un’esecuzione

di Stefano Brogioni

FIRENZE

Quelle mani legate con il nastro dietro alla schiena e il sacchetto di plastica in testa, fanno pensare a scenari inquietanti, intorno all’omicidio di Kiomars Chaikar Safaei, commerciante iraniano di 72 anni, più della metà vissuti in riva all’Arno e dietro al suo banco di souvenir alla loggia del Porcellino.

Non un incaprettamento, ma quasi. Una modalità violentissima che assomiglia a un’esecuzione, insolita a queste latitudini, che cozza con l’indole mite di un uomo buono, sempre pronto ad aiutare tutti e che probabilmente, tra mercoledì sera e il mattino di giovedì, ha aperto la porta al suo assassino.

Forse una rapina, forse altro: tutte le ipotesi, in questo momento, sono aperte, nel giallo di via Francesco De Pinedo.

E’ qui, in questa strada di palazzoni alti, tra viale Guidoni e via Carlo Del Prete, all’ombra delle guglie del nuovo palazzo di giustizia, che si è consumato quello che sembra un omicidio e anche molto cruento. Il procuratore capo Filippo Spiezia - che dalle finestre del suo ufficio all’ottavo piano vede il palazzone teatro del delitto - è sceso personalmente a fare un sopralluogo. Con lui, il sostituto procuratore Sandro Cutrignelli.

"Abbiamo sentito un po’ di persone e siamo in una fase delicatissima dell’indagine", ha commentato Spiezia uscendo dal 58 di via De Pinedo.

"La scena dell’omicidio si presenta complessa, è avvenuto in modalità violenta e ci sono molte tracce utili", ha aggiunto il capo della procura.

Sarà fondamentale il lavoro della scientifica. E anche quello del medico legale. L’autopsia, affidata al medico legale, stabilirà con esattezza la dinamica dell’omicidio e le cause della morte. La prima ipotesi, è che sia avvenuta per asfissia. Ma potrebbe essere stato picchiato.

Il corpo, ormai privo di vita, era nell’ingresso. Un appartamento, posto al sesto piano - l’ultimo - umile ma dignitoso, in cui il commerciante di souvenir viveva da solo. I poliziotti delle volanti in prima battuta, e della squadra mobile poi, hanno trovato molto disordine, come se qualcuno avesse frugato. Difficile però, stabilire, almeno per ora, se manchi qualcosa o se, ad esempio, il commerciante avesse denaro in casa.

A scoprire il corpo e dare l’allarme sono stati il fratello e il nipote di Kiomars: intorno all’ora di pranzo, hanno lasciato il centro (anche loro hanno un’attività) e sono corsi a vedere cosa stesse succedendo, visto che le telefonate restavano senza risposta.

Il banco al Porcellino dell’iraniano era rimasto chiuso, ieri mattina. E non aveva avvertito della sua assenza. Strano, stranissimo. "Quando siamo arrivati, la porta era aperta. A trovarlo nell’ingresso è stato mio padre: mio zio era per terra legato e aveva un sacchetto in testa", racconta il nipote, piangendo.

Ora gli investigatori scavano nei rapporti del commerciante. Professionali e personali. Mai sposato, niente figli, in via De Pinedo non era un volto noto, al contrario del centro storico, dove invece era amato e apprezzato da tutti.

Chi ha ucciso Kiomars, magari in un momento d’impeto, potrebbe aver compiuto diversi errori. Un cartello affisso all’ingresso del condominio annuncia che l’edificio è videosorvegliato. Chi ha ucciso l’ambulante potrebbe aver incrociato altri condomini: in quello stabile vivono quasi trenta famiglie. O qualcuno potrebbe aver sentito qualcosa.

E poi c’è il telefono, rimasto dentro la casa del giallo. E’ stata affidata alla polizia postale un’attenta analisi di chat e applicazioni.