"Vogliamo che questo museo si possa sfogliare come fosse un manuale di Storia dell’arte". Così Simone Verde, direttore delle Gallerie degli Uffizi, durante la presentazione delle tre nuove sale ricche di capolavori, al secondo piano museo, per raccontare la poliedrica maestria di Andrea del Sarto, Fra Bartolomeo e la cerchia di pittori attivi a Firenze nel primo ventennio del Cinquecento. Negli spazi inaugurati ieri mattina sono accolte 25 opere per restituire ai visitatori la ricchezza e l’originalità creativa che animò la città in quel periodo, contribuendo allo sviluppo della ‘maniera moderna’, la fase più matura del Rinascimento. Le opere si trovano alla fine del Terzo corridoio e ne concludono, cronologicamente, la narrazione storico-pittorica.
"Queste tre nuove sale permettono di contestualizzare le sale Leonardo, Michelangelo e Raffaello al secondo piano della Galleria, ricostruendo la ricchezza e la vivacità della pittura fiorentina del primo ventennio del Cinquecento, per mostrare plasticamente quanto l’eccelso esempio di da Vinci, Buonarroti e Sanzio abbia ispirato e guidato nel loro esercizio creativo e stilistico gli artisti toscani agli albori del XVI secolo" dice il direttore Verde sottolinando come "quelli esposti negli spazi inaugurati oggi (ieri, ndr) sono tutti veri e propri maestri, capaci di esprimere, ciascuno secondo la propria personalità, un ingegno pittorico notevolissimo, oltre che di fondamentale importanza per la storia dell’arte".
Il cuore pulsante della prima sala è ‘La Visione di San Bernardo’ di Frà Bartolomeo, posta in dialogo con la ‘Visitazione’ di Mariotto Albertinelli (1503), con cui condivise la bottega per molti anni prima di prendere i voti e che come lui amava le composizioni solenni e quiete, caratterizzare da semplicità, schiettezza espressiva, paesaggi ampi e luminosi. La stanza successiva è dedicata interamente ad Andrea del Sarto, dove il fulcro è la ‘Madonna delle Arpie’, dipinto a olio su tavola datato 1517, che occupa la parete di fondo della sala. "La tavola è un capolavoro di equilibrio stilistico, di perfezione formale, armonia dei colori. Proveniente dalla chiesa di San Francesco dei Macci a Firenze, fa comprendere cosa intendesse Giorgio Vasari quando nelle sue ‘Vite’ dei pittori parla del Sarto come del ‘pittore senza errori’, e al contempo perché la fortuna di questo artista, fosse guardato a Firenze come un punto di riferimento fino al pieno Seicento" spiega Anna Bisceglia, curatrice della Pittura del Cinquecento, ricordando che "la riorganizzazione degli spazi dà una visione a colpo d’occhio dei tanti artisti che costellarono Firenze in quel periodo storico". E l’ultima sala (alla fine del Terzo corridoio) è quella che più restituire l’idea di quanto fosse variegato e all’avanguardia il panorama artistico: ci sono le opere di Franciabigio (grande amico di del Sarto), compresa la Pala di San Giobbe (1516) che torna visibile dopo sei anni, i lavori di Alonso Berruguete, pittore spagnolo venuto in Italia per studiare Michelangelo e Raffaello.
Tra le novità anche la ‘riunione’ di quattro pannelli che facevano parte della Camera Borgherini, ciclo di pitture progettate per decorare arredi e pareti di una stanza da letto matrimoniale nel palazzo della famiglia Borgherini, a cui lavorarono, tra gli altri, Andrea del Sarto, Pontormo e Francesco Granacci. "Di questo insieme sopravvivono oggi quindici tavole di diverse dimensioni, suddivise tra National Gallery di Londra, Galleria Borghese di Roma, Uffizi e Galleria Palatina. Da adesso i dipinti degli Uffizi e della Palatina tornano insieme per mostrarne, sia pur solo in parte, l’aspetto complessivo originario, oltre che per esaltarne l’importanza nella pittura fiorentina del tempo" sottolinea Bisceglia, soffermandosi anche sulla nuova illuminazione verticale con fari puntati. "In precedenza le sale erano dotate di lucernari che non valorizzavano la qualità dei dipinti" conclude.