Gurrieri
Davvero importante il bel volume sui “Saggi di storia dell’arte, 1928 – 1991 / Tra Giotto e Vasari di Ugo Procacci” curato da Chiara Franceschini (Viella, Roma). Dopo il Festschrift del 1977, per le cure di Maria Grazia Ciardi Dupré e Paolo Dal Poggetto e pochi altri saggi a seguire, questo volume, anche per le introduzioni di Franceschini e Giuliano Pinto, può essere considerato il più sistematico sforzo per perimetrare la vasta, complessa e stimolante figura del soprintendente di Firenze che traversò la tragedia del secondo conflitto mondiale e l’alluvione del 1966. L’autrice, severamente formatasi agli studi di storia dell’arte ci propone di “rileggere Ugo Procacci”.
Il volume raccoglie sedici saggi di Procacci (1905 – 1991) usciti fra il ’28 e il ’91, che pur essendo una scelta molto ristretta, include – su una bibliografia di 134 titoli alcuni dei suoi lavori più rappresentativi dello studioso e funzionario. Dopo essersi laureato con Giuseppe Fiocco con una tesi su Spinello Aretino nel 1927, entra per concorso nell’amministrazione delle Arti nel 1933 (insieme alla collega Becherucci). Procacci visse una stagione in cui Firenze era il cuore pulsante degli interessi europei e americani (pubblici e privati) di storia dell’arte.
Si ricorda come la fondazione del Kunsthistorisches Institut in Florenz (1897), cui contribuirono studiosi del Rinascimento fiorentino come Aby Warburg (1866 – 1929) e l’insediarsi di Bernard Berenson (1865 – 1959) a Settignano, restano indici di quel clima culturale. A Procacci va ricondotto il metodo “monumento e documento” che postulava la simbiosi fra la lettura del testo artistico e i dati archivistici a supporto. Fondamentali i suoi scritti su Masaccio, Masolino, Giotto, Giovanni da Milano, Vasari scrittore.