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Un libro e sei paia di ciabatte: il giaciglio dei disperati. Rioccupato l’ex sanatorio / TUTTE LE IMMAGINI

Banti rifugio di senzatetto, viaggio fra rifiuti e materassi

Banti rifugio di senzatetto, viaggio fra rifiuti e materassi (Germogli)

Firenze, 2 luglio 2014 - L’ULTIMO LIBRO di Patricia Cornwell aperto sul letto, un giaciglio di fortuna ricavato da un vecchio materasso, una sciarpa della Fiorentina attaccata al muro, mentre sul pavimento c’è un puzzle ancora da completare. Le evidenti tracce di vita quotidiana all’interno dell’ex sanatorio Banti di Pratolino si mescolano all’immenso e allucinante degrado in cui si trova la struttura, sempre più vicina al collasso, per adesso evitato grazie al cemento armato con cui è stata costruita negli anni Trenta. Definito come un’interessante esempio di architettura ospedaliera del XX secolo in Toscana, oggi il Banti è un ricovero per disperati che pur di dormire sotto un tetto si rifugiano in mezzo a calcinacci, monti di sporcizia e vecchie attrezzature sanitarie.

IL COMPLESSO, 12mila metri quadrati più cinque ettari di terreno, di proprietà dell’Asl 10, è stato dismesso nel 1989 e piano piano lasciato al degrado. Le scritte sui muri e le distese di vetri spaccati sono due costanti di tutto l’edificio, e si ritrovano anche ai piani superiori dove si c’erano il cinema-teatro, la cappella e le sale per l’elioterapia. Mentre il tempo e l’incuria stanno rovinando la struttura, qualcuno ha deciso di abitare un’ala del primo piano, quella che in passato ospitava le camere dei malati di tubercolosi. L’ingresso della parte dell’edificio occupato è chiuso da un lucchetto che dovrebbe tenere insieme una porta, ovvero delle assi di legno appoggiate sui vecchi infissi. Una serratura più di facciata che di utilità. Al di là si distende un corridoio, dove spicca un pavimento pulito, che conduce alle stanze-dormitorio. Tra gli inquilini c’è anche chi preferisce la privacy tanto da chiudere con una serratura la porta della camera. I locali sono abbastanza ordinati se non fosse per birre e lattine vuote abbandonate qua e là. I giacigli hanno coperte pesanti perché anche in estate, a Pratolino, l’aria è sempre fresca. Non mancano abiti, valige e mobili ricavati con vecchi legni. Da alcune stanze in fondo al corridoio arriva un forte odore di urina: i bagni dell’ospedale non sono funzionanti, i sanitari sono completamente sfasciati. Qui, isolati dal mondo, vivono più persone, le ciabatte avvistate in fondo ai letti sono sei paia. Entrare nell’ex sanatorio senza essere visti è un gioco da ragazzi: l’impianto di videosorveglianza non funziona, mentre il cancello d’ingresso è sempre aperto per consentire il passaggio a chi deve andare al canile dell’Asl. La rete di recinzione è crollata in vari tratti e le entrate interne tutte aperte. In passato i ladri hanno portato via tutto quello che c’era da rubare (rame, ferro, sanitari e altri materiali rivendibili). Le incursioni da parte di vandali e teppisti sono all’ordine del giorno, mentre alcuni anni fa l’ospedale fu addirittura usato come teatro di guerra per i giochi di una decina di ragazzi appartenenti ad un gruppo softair, il cui raid finì anche su YouTube. L’ex Banti è stato completamente saccheggiato ma le vecchie divise dei dipendenti e le cartelle cliniche dei pazienti (con tanto di nomi e cognomi) sono ancora là, ammucchiate a terra, tutte impolverate, nella stanza dei raggi ics.

Barbara Berti