Un quotidiano e una città. La Nazione e i fiorentini, un connubio che si protrae da 165 anni. Fondato come rifiuto della ragion di Stato, degli accordi di Villafranca che imponevano, nel luglio del 1859, il ritorno dei Lorena in Toscana a danno delle aspirazioni unionistiche al Regno di Vittorio Emanuele, il giornale rappresentava la ferma risposta di Bettino Ricasoli, dittatore dell’ex Granducato: alle spartizioni a tavolino delle Potenze, il Barone di ferro contrapponeva "la nazione", ovvero una identità non più divisibile "d’arme, di lingua, d’altare", secondo i versi di Alessandro Manzoni.
Fin dalle sue origini il foglio ha alzato lo sguardo sui grandi eventi nazionali e internazionali, ma si è soprattutto concentrato sulla città, interprete e comunicatore delle sue attese e delle sue aspirazioni, della sua crescita e delle sue criticità. Un compagno di strada, un riferimento sicuro per i cittadini. Attento ai fatti di cronaca, anche a quelli apparentemente secondari: fondamentali, invece, per la vita del quartiere, del rione, di una piccola comunità, parte della comunità più grande. È questo il filo rosso di un secolo e mezzo di cronaca che diventa storia: condividere la quotidianità della sua gente, raccontarla e commentarla. Accompagnando attraversando le varie epoche le diverse generazioni.
Non solo il racconto degli eventi, pure la capacità di accogliere mano a mano le firme più prestigiose della letteratura, dell’arte, della cultura italiana. Non sono mancati a Firenze quotidiani di rilievo nell’arco di oltre un secolo e mezzo: destinati tuttavia a una più o meno breve durata, incapaci di resistere al cambiamento. "Il più decente, il più pulito, il più sano giornale di Firenze è senza dubbio La Nazione", scriveva Giuseppe Prezzolini nelle pagine della Voce del 1910.
Una scelta irrinunciabile per il vecchio fiorentino tratteggiato da Stendhal, – al pari del filone di pane da un chilo e del fiasco di vino impagliato sul tavolo – che "passeggia, con lo stecchino in bocca e l’abito ben spazzolato" per le vie del centro storico, con La Nazione sotto il braccio o sporgente dalla tasca del cappotto. Pronto a sedersi e a tirarla fuori alla prima panchina.