CARLO CASINI
Cronaca

Un segnale di speranza: "In sella senza una gamba"

L’incredibile storia di Avida Bachar, israeliano: "Ho perso tutto quel 7 ottobre"

Un segnale di speranza: "In sella senza una gamba"

Un segnale di speranza: "In sella senza una gamba"

Quel maledetto 7 ottobre ad Avida Bachar ha portato via moglie, figlio, amici e anche una gamba. Una vita semplice, a Be’eri, kibbutz a 4 chilometri appena dalla striscia di Gaza. Lavoro, casa, famiglia e una passione grande: la bicicletta. Poi quell’attacco insensato, malvagio, dal niente una pioggia di proiettili, di fuoco, di bombe, quei volti che sogghignavano guardando donne e bambini morire.

Ma otto mesi dopo Avida è pronto a ripartire in sella alla sua bici. E lo farà da Firenze, in occasione del tour de France. Accompagnato dal team Israel Premier Tech, dopo una riabilitazione incredibile, tanta forza di volontà e una protesi, per qualche minuto calcherà anche lui le strade fiorentin. "Firenze è fantastica. Voglio vedere il team di Israele al Tour, incoraggiarlo ad andare avanti", racconta entusiasta per la prima volta in piazza Duomo, davanti alle telecamere della stampa israeliana che si assiepa intorno a quest’uomo che in patria è diventato esempio di speranza e ripartenza. "Ieri (mercoledì, ndr) eravamo nella sinagoga è stato un momento molto bello", afferma riferendosi alla cerimonia in memoria di Bartali, Giusto tra le nazioni.

Avida, cosa accadde quel 7 ottobre intorno a lei?

"Centinaia di terroristi hanno attraversato il confine con Israele e sono venuti nel nostro kibbutz, a casa mia, nella mia fattoria. Iniziano a uccidere le persone, uccidono i civili, i tailandesi, anche gli arabi, uccidono bambini, donne. E prendono circa trenta ostaggi portandoli a Gaza. Io ero con la mia famiglia, riparati nella stanza più sicura, ma sono entrati i terroristi e hanno sparato a mio figlio che è morto poche ore dopo. Anche mia moglie è morta per uno sparo. A me hanno poi amputato una gamba in ospedale. Pure mia figlia è stata ferita alle gambe. E non sono mica fermati a quello. Hanno bruciato la casa perché volevano vedermi saltare dalla finestra. Alla fine hanno ucciso circa il 10% della popolazione di Be’eri, fino a quando non è arrivato l’esercito e ci ha portati al sicuro".

Qual era la quotidianità nel kibbutz prima di quel giorno? "Una vita normale, il mio kibbutz era un paradiso. Abbiamo tutto. Abbiamo anche diversi dipendenti da Gaza. Gli abbiamo dato tutto, sempre pagati regolarmente, eppure... Nella Striscia di Gaza le persone guadagnano circa 50 dollari al mese, noi li paghiamo 50 dollari al giorno".

E’ possibile una convivenza? "Penso che potremo vivere insieme, ma in questo momento no, ci vuole una separazione. E credo in due Stati, ma non in Israele. Forse uno in Sud Africa, o forse uno in Egitto. Ma non in Israele. Sia in Cisgiordania che nella la Striscia di Gaza c’è Hamas. Vogliono continuamente attaccarci". Qual è il suo rapporto con la bicicletta?

"Ero un ciclista di mountain bike. Mi sto allenando e provo a tornare alla mia bici".

Che messaggio porta con la sua impresa a Firenze?

"Per il popolo italiano: dobbiamo fare pressione su Hamas affinché riporti indietro i nostri ostaggi. Hanno ancora 120 prigionieri a Gaza. Solo quando torneranno inizierà la ripresa e la ricostruzione".