REDAZIONE FIRENZE

Un tassello della nostra storia. Ricordare è dire no all’indifferenza

La vicenda dei due bambini ebrei salvati dalle suore di Santa Marta. CLASSE III SANTA MARTA - FIRENZE.

I fratellini Pacifici insieme a suor Marta e al soldato Abraham

I fratellini Pacifici insieme a suor Marta e al soldato Abraham

La storia che vogliamo narrare fa parte della memoria della nostra scuola e ci rende orgogliosi dello spirito di solidarietà e delle persone che hanno fatto nascere le aule e i corridoi in cui noi ragazzi viviamo ogni giorno. Il racconto ci è stato fatto dal Prof. Ferrati che, dal 1972, ha studiato e lavora in questo edificio. Era solo un ragazzino quando Suor Amedea, occupata nella portineria della scuola, lo mise a conoscenza della vicenda di due fratellini ebrei che durante la seconda guerra mondiale furono nascosti dalle suore di Santa Marta. Il loro padre, Riccardo Pacifici, era il rabbino capo di Genova e in una triste notte venne deportato ad Auschwitz.

La madre Wanda fuggì a Firenze: lei si nascose presso il Convento del Carmine, mentre i suoi bambini, Raffaele e Emanuele, furono affidati alle suore di Santa Marta. Li lasciò con la promessa che sarebbe tornata il sabato seguente… ma quel momento di riunificazione non si verificò mai: venne arrestata e deportata ad Auschwitz ed Emanuele, il più grande, restò in attesa alla finestra finché la stanchezza non lo vinse. Rimasero sotto la protezione delle suore, che cambiarono il loro cognome da Pacifici (facilmente identificabile come ebreo) in Pallini. La sera Suor Marta passava a dare la buona notte a tutti i piccoli facendo baciare loro il crocifisso, ma quando giungeva ai fratellini, per rispettarne la fede, lo copriva con la mano e li invitava semplicemente a recitare le loro preghiere.

La guerra finalmente terminò ma a causa dei bombardamenti il convento non disponeva di acqua che veniva portata da un carro guidato da un soldato. Emanuele notò che aveva al collo una stella di David ma, per paura che si trattasse di una spia nazista, rimase per molto tempo ad osservarlo. Poi un giorno si fece coraggio e gli si avvicinò canticchiando in ebraico.

Immediatamente il soldato Abraham riconobbe la sua lingua e i due iniziarono a parlare. Nacque una grande amicizia tanto che il soldato propose di portare Emanuele con sé in Israele: i due bambini però avevano ancora dei parenti a Roma e lì furono condotti. Raffaele morì giovane per una malattia. Emanuele, invece, si sposò ed ebbe due figli, tra cui Riccardo che divenne Presidente della comunità ebraica di Roma.

Nel tempo è tornato più volte a Santa Marta per rendere testimonianza agli alunni della scuola che fin dagli anni Cinquanta le suore avevano creato per aiutare i ragazzi privati di ogni bene dalla guerra. Emanuele Pacifici è morto nel 2014 ma la sua storia, che si lega indissolubilmente alla nostra, non va dimenticata e noi vogliamo essere nuovi testimoni di questa vicenda che ci parla di follia, ma anche di coraggio e di amore.