Una cascata di licenziamenti negli alberghi. "Imprese al limite della sopravvivenza"

Il blocco viene spesso aggirato dalla cessazione di attività e dai fallimenti. La Cgil all’attacco: "Norma da rivedere in modo più restrittivo"

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Sono circa 200 i licenziamenti su Firenze avvenuti in questi mesi nel mondo delle strutture ricettive. Se infatti esiste il blocco fino a marzo, la normativa prevede delle eccezioni, dando la possibilità di licenziare il personale in caso di cessazione attività, fallimento o risoluzione consensuale concordata in sede sindacale. E così, con la cessazione attività, sono saltati i 45 posti della cooperativa Iris, che, in subappalto da Cegalin Toscana, gestiva i servizi di pulizia e facchinaggio di Villa Medici, hotel Baglioni, Cerretani e Nord Florence e i 74, tra addetti alle pulizie e facchini, della Gefi, società che lavorava per diversi alberghi, quali Machiavelli Palace, Atlantic Palace, Giotto, California.

A questi si aggiungono gli otto del convitto della Calza, venduto di recente dalla Curia, e, ultimo caso, i sette addetti della Concerto Fine Italian Hotels, che fino al 31 dicembre scorso ha gestito vari servizi, come amministrativi, commerciali, di Information tecnology, per gli Hotel Londra e La Vedetta di Firenze, The Hub di Milano e Il Negresco di Forte dei Marmi. Tutte strutture facenti capo all’imprenditore Aldo Grassi, che negli anni ha venduto diversi alberghi, come il Minerva, la stessa Vedetta, della quale è rimasto però gestore fino alla recente cessazione di attività, altri due alberghi a Roma e Forte dei Marmi, l’Hotel Londra, acquisito a fine 2020 dal fondo patrimoniale francese Eurazeo Patrimoine, mentre risulterebbero in vendita anche The Hub e Il Negresco.

"I sette lavoratori del Concerto Fine Italian Hotels – denuncia Maurizio Magi, della Filcams Cgil di Firenze – senza lavoro dal primo gennaio, stanno ancora aspettando il pagamento di parte della retribuzione, contributi, Tfr e mancato preavviso, nonostante queste dismissioni delle strutture di Grassi abbiano generato incassi importanti".

"Purtroppo – aggiunge Magi – questa della cessazione di attività é effettivamente la modalità con la quale in questi tempi di covid ci si libera del personale in esubero. Del resto se sono ormai 440mila in Italia i posti di lavoro persi in questa crisi, molti di questi, specie nel turismo alberghiero, derivano da una certa disinvoltura nell’applicazione della norma che ha previsto questa possibilità e che chiediamo di rivedere in modo più restrittivo". Nella speranza di una proroga del blocco dei licenziamenti, la situazione nel settore alberghiero, che conta su Firenze e provincia circa 15mila addetti, di cui metà diretti e metà in appalto, resta drammatica. Nella nostra città la maggior parte degli alberghi sono chiusi da marzo. A gennaio 2021 si è registrato un calo dell’83% delle presenze rispetto a dodici mesi prima. Fermi i viaggi per affari, così come fiere, congressi ed eventi di tutti i generi.

"Gli alberghi non hanno più risorse neanche per far fronte al pagamento delle tasse e molte imprese sono al limite della sopravvivenza. Non si vedono prospettive di ripresa a causa del procedere dei contagi e del blocco degli spostamenti", spiega il presidente di Federalberghi Firenze, Francesco Bechi (nella foto qui sopra). Del tutto insufficienti i ristori arrivati, pari al 3% del fatturato. "Due pesi e due misure", accusa Bechi, che sottolinea come, secondo i dati del Centro studi di Federalberghi, un hotel di Firenze a tre stelle che ha perso quasi il 70% del fatturato, ha ricevuto solo il 3,5% dei ricavi 2019, mentre lo Stato ha riconosciuto all’amministrazione comunale il 64% dell’imposta di soggiorno riscossa nel 2019.

Monica Pieraccini