
Unifi, la petizione dei duecento: "Nessun rapporto con Israele"
Porta la firma di duecento tra docenti, assegnisti, dottorandi e tecnici amministrativi dell’Università di Firenze la lettera-appello inviata alla rettrice Alessandra Petrucci per chiedere ai propri rappresentanti di non aderire al bando di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Italia e Israele pubblicato dal Maeci (il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale). Nella missiva si fa riferimento alla protesta nazionale in corso contro questo bando, che ha raccolto la sottoscrizione di quasi 2mila accademici italiani e richiamato le istituzioni italiane "al proprio obbligo di prevenire e di non essere complici in atti di genocidio secondo la Convenzione Onu del 1948".
Una decisione che prende le mosse dalla determinazione del Senato Accademico dell’Università di Torino, che ha giudicato "non opportuna la partecipazione al bando, visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza". Nella lettera i firmatari chiedono inoltre alla Rettrice – che ieri non ha voluto rilasciare alcun commento – e ai componenti del Senato Accademico e del Cda dell’Ateneo fiorentino di seguire l’esempio di Torino, per "non abdicare ai fondamentali valori di umanità e solidarietà di fronte ad una strage ripugnante che si sta svolgendo, giorno dopo giorno, proprio sotto i nostri occhi".
Secondo i duecento firmatari serve un "segnale forte di dissenso" contro le politiche di Israele, convintamente sostenute dal governo italiano, "per evitare un’escalation che rischia di essere senza ritorno", e "contro la follia della guerra". Per lo stesso motivo i firmatari invitano i propri colleghi ad "opporsi all’approvazione di eventuali progetti redatti in risposta al bando del ministero degli Esteri nei propri Dipartimenti".
Docenti, assegnisti, dottorandi e personale tecnico-amministrativo concludono affidandosi alla sensibilità dei propri rappresentanti, dicendosi certi che le loro parole saranno prese in seria considerazione.Tuttavia, al momento la missiva non ha ancora ricevuto una risposta ufficiale. I firmatari hanno preannunciato ulteriori iniziative nel prossimo futuro "per ottenere risposta alle proprie istanze e per mantenere alta l’attenzione sul massacro di Gaza".
Intanto, ieri pomeriggio, per i 75 anni della Costituzione, che segnò il passaggioalla democrazia e alla Repubblica dopo la dittatura fascista e la persecuzione antiebraica, nell’aula magna del rettorato dell’Ateneo, in piazza San Marco, si è tenuto l’ultimo dei sei appuntamenti organizzato dalle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con il museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah.
Il confronto, a cui hanno partecipato Irene Stolzi, Noemi e Riccardo Di Segni e il drammaturgo Stefano Massini, verteva su “Uguaglianza: società e responsabilità“ e su come il principio sancito dall’articolo 3 della nostra Carta possa orientare le prossime scelte politiche, culturali, economiche e sociali del Paese. "È stato detto, ed è giusto dal punto di vista storico e giuridico, che l’idea che la legge sia uguale per tutti è un’invenzione della modernità", ma "che la legge sia uguale per tutti è un principio sancito nella Torah", ha affermato Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica di Roma. "Jonathan Sacks diceva che le costituzioni moderne sono scritte ciascuna nella lingua del luogo dove sono state scritte, ma hanno un accento ebraico. Siamo qui per rivendicare questa cosa".
Elettra Gullè
Antonio Passanese