
Studenti in una foto d'archivio
Firenze, 24 maggio 2020 - Alcuni giorni fa abbiamo pubblicato la lettera di un docente che insegna in una università per studenti americani a Firenze in cui manifestava la sua preoccupazione per il futuro delle scuole per stranieri in città dopo il lungo stop, ancora in corso, in seguito all'emergenza sanitaria. Oggi pubblichiamo l'intervento di Portia Prebys e Fabrizio Ricciardelli, presidente e segretario-tesoriere della Association of American College and University Programs in Italy.
In Italia ci sono circa 165 sedi permanenti di Università e Colleges statunitensi, canadesi e australiani, ogni anno oltre 33.000 giovani provenienti dai rispettivi atenei passano un periodo di studio in Italia della durata che va dalle poche settimane ai sei mesi, il settore conta circa 12.000 addetti fra personale docente e non docente, l’impatto economico per l’Italia è stimato nell’ordine di oltre 700 milioni di euro annui, come investimenti e spese da parte degli Istituti, degli studenti, delle loro famiglie in visita.
Per i giovani studenti l’esperienza italiana è “life changing”, cambia loro la vita, letteralmente e per sempre: diventano ambasciatori dell’Italia nel loro Paese e nel mondo, tornano con la famiglia, come turisti consapevoli e, soprattutto, come investitori e mecenati.
Ai primi del marzo scorso, nel giro di pochissimi giorni, in un susseguirsi incontrollato di notizie rimbalzate oltre Oceano, e alla fine con la proclamazione dello “stato di allerta a livello 3” da parte delle autorità statunitensi nei confronti dell’intera Penisola, i dirigenti di tutti gli atenei, chi prima chi dopo, dagli USA hanno ordinato la sospensione delle attività didattiche in Italia ed il ritorno degli studenti presso l’Home Campus.
I successivi provvedimenti del Governo italiano (la sospensione delle attività didattiche di persona per scuole e università in genere) avrebbero condotto al medesimo risultato finale.
Improvvisamente le città italiane si sono svuotate della presenza di questa ragazzi, una presenza importante, talvolta pure vivace se non chiassosa, portatrice di scambi umani, culturali e sociali preziosi, sicuramente di un contributo economico fondamentale per tante categorie che da anni lavorano nel settore (dagli esercizi commerciali per la ristorazione e lo svago ai proprietari di immobili che li affittano per l’alloggio dei ragazzi, alle famiglie che ne ospitano un congruo numero, a chi organizza i “Field Trips” cioè i viaggi di istruzione in tutta Italia e in Europa, oltre ovviamente ai docenti ed allo staff che li assiste in tutto il loro soggiorno).
Il loro ritorno a breve è purtroppo impensabile, il successivo periodo tradizionale di arrivo di nuovi studenti è l’estate per i cosiddetti “Summer Programs” ed è inevitabilmente rischio, ma anche il prossimo vero e proprio semestre di studio, l’autunno ovvero il “Fall Semester” appare problematico, per una serie di ragioni che dipendono da fattori esterni:
- L’evoluzione della pandemia, in Italia (e più in generale in Europa) e così come nel Nord America;
- Le conseguenti decisioni dei Governi (al momento, ad esempio, il Governo federale degli USA non rilascia più passaporti, salvi casi eccezionali);
- Le valutazioni che all’estero saranno effettuate sulla situazione italiana (fino a che permane lo “stato di allerta” ai livelli 4 o 3 nei confronti della Penisola, nessuno studente potrà venire da noi);
- L’inevitabile bilanciamento finanziario di attività, gli studi all’estero appunto, che nella odierna gestione economica anche di enti accademici senza finalità di lucro non può permettersi “cifre rosse”, cioè disavanzi monetari.
Con spirito costruttivo e comunque sempre ragionevolmente “ottimista”, l’Associazione unica legittimata a rappresentare queste Università e Colleges, AACUPI, ha fin da subito operato a tutti i livelli, locale, regionale e nazionale (e pure europeo), per chiedere con forza immediate ed incisive misure di sostegno per il settore dello “Study Abroad” in Italia, onde consentire a chi vi lavora di superare questo momento critico e di poter rassicurare le proprie case madri e le famiglie degli studenti per i futuri semestri.
I Direttori delle varie sedi stanno svolgendo un enorme e concreto lavoro per creare l’ambiente più sicuro e favorevole possibile al ritorno degli studenti, attrezzandosi per attuare i necessari protocolli di sicurezza, modificando curricula e calendari, rivedendo la programmazione accademica e delle attività collaterali, comunicando senza sosta con le autorità e tutti gli interessati, personale docente e non docente in primo luogo.
I timori per i livelli occupazionali che sono stati di recente espressi su vari organi di stampa locali sono ampiamente condivisi, ma riteniamo nel contempo che ognuno debba fare la propria parte entro i limiti del proprio ruolo, altrimenti quel “fare squadra” di cui tutti parlano rischia di divenire un mero slogan ad uso mediatico.
Le sedi italiane di questi atenei, i loro Direttori e l’Associazione che li rappresenta sono pronti per questa sfida.