MAURIZIO COSTANZO
Cronaca

Università di Firenze, lo studio: "La civiltà punica era cosmopolita: lo conferma il Dna"

L'ateneo fiorentino in uno studio pubblicato su Nature che ha rivelato sorprendenti intuizioni su una delle culture mediterranee più influenti della storia

La necropoli di Tharros, in Sardegna

La necropoli di Tharros, in Sardegna

Firenze, 23 aprile 2025 - L’analisi del Dna antico mette in discussione la nostra comprensione della civiltà fenicio-punica. I ricercatori dell’Università di Firenze, con un team internazionale di ricercatori guidato dalla Harvard University, hanno studiato dati genetici su scala genomica da 210 individui antichi. Le analisi hanno condotto a una scoperta sorprendente: le città fenicie del Levante – l’area che comprende Libano, Siria e Palestina – contribuirono geneticamente poco alle popolazioni puniche del Mediterraneo centrale e occidentale, nonostante i profondi legami culturali, economici e linguistici. I risultati dello studio, intitolato “Punic people were genetically diverse with almost no Levantine ancestors”, sono stati pubblicati su Nature. La cultura fenicia emerse durante l’Età del Bronzo nelle città-stato del Levante, sviluppando importanti innovazioni come il primo alfabeto. All’inizio del I millennio a.C., le città fenicie avevano già stabilito una vasta rete marittima di insediamenti commerciali fino alla penisola iberica, diffondendo la loro cultura, religione e lingua in tutto il Mediterraneo centrale e occidentale. Nel VI secolo a.C. Cartagine – una colonia fenicia sulla costa dell’odierna Tunisia – era diventata dominante nella regione. Queste comunità culturalmente fenicie, associate o governate da Cartagine, furono definite “puniche” dai Romani. L’impero cartaginese lasciò un segno importante nella storia, noto soprattutto per le tre grandi “Guerre puniche” contro la Repubblica romana, tra cui la celebre campagna del generale cartaginese Annibale attraverso le Alpi. Il nuovo studio ha cercato di utilizzare il Dna antico per caratterizzare l’ascendenza dei popoli punici e cercare legami genetici tra loro e i Fenici del Levante, con cui condividevano cultura e lingua. Questo è stato possibile grazie al sequenziamento e all’analisi di un ampio campione di genomi provenienti da resti umani sepolti in 14 siti archeologici fenici e punici distribuiti tra il Levante, il Nord Africa, l’Iberia e le isole di Sicilia, Sardegna e Ibiza. “Lo studio offre una nuova prospettiva sulla diffusione della cultura fenicia: non attraverso migrazioni di massa su larga scala, ma tramite un processo dinamico di trasmissione culturale e assimilazione” afferma David Caramelli, senior author dell’articolo e docente Unifi di Antropologia del Dipartimento di Biologia. “Il lavoro mette in luce la natura cosmopolita del mondo punico. Evidenzia come i suoi insediamenti ospitassero persone con profili genetici molto diversi, con la principale origine genetica simile agli attuali abitanti della Sicilia e dell’Egeo, e molti individui con significativa ascendenza nordafricana”. Inoltre, osservando le reti genetiche attraverso il Mediterraneo, la ricerca suggerisce che attività come commercio, matrimoni misti e mescolanze di popolazioni abbiano avuto un ruolo fondamentale nella formazione di queste comunità. Si rafforza, così, l’idea che le società del Mediterraneo antico fossero profondamente interconnesse, con persone che si spostavano e si mescolavano su distanze geografiche anche molto ampie. “È importante condurre studi come questo – conclude Caramelli – perché dimostrano come il Dna antico possa fare luce sull’ascendenza e la mobilità di popolazioni storiche sulle quali abbiamo scarse fonti dirette”.

Maurizio Costanzo