di Emanuele Baldi
Monica ogni mattina esce dal suo appartamento di Soffiano per andare a lavoro, accende lo scooter e una decina di minuti più tardi varca, puntualmente senza averne il permesso, una porta telematica. A Napoli. A 470 chilometri da casa.
E vaglielo a spiegare al Grande Apparato Burocratico Italiano che la faccenda non ha un gran senso logico anche perché la Monica di cui sopra proprio la lezione non parrebbe averla capita visto che, sempre secondo le carte bollate, avrebbe collezionato qualcosa come diecimila euro di multe in sei anni. Verrebbe da ridere se non ci fosse da mettersi le mani nei capelli e soprattutto se la signora, esasperata, non stesse meditando di ingaggiare un legale per spiegare che non è lei a bucare quotidianamente la porta telematica partenopea bensì il signore, o chi per lui, al quale è stato venduto il suo scooter nel 2016.
"Tutto inizia ne luglio di sei anni fa – ci racconta Monica, insieme divertita ee esasperata – quando un guasto al mio motorino mi spinse a decidere di comprarne uno nuovo e venderlo". Così andò e c’è "tanto di foglio del passaggio di proprietà".
E’ a quel punto che inizia la più grottesca delle storie che si può immaginare. Ce la racconta Monica: "A ottobre del 2017 mi vengono recapitati alcuni verbali relativi al mio motociclo elevati nel Comune di Napoli, per il passaggio ripetuto sotto una porta telematica inizia precisando di "vivere e risiedere a Firenze fin dalla nascita".
"Immediatamente telefono alla Polizia municipale del Comune di Napoli facendo presente l’errore e successivamente invio una mail, alla quale mi viene risposto da un tenente, che avrebbero provveduto a inoltrare alla persona proprietaria del motociclo le multe".
"In data 1° marzo 2018 invio una pec – prosegue Monica – per far presente che continuano ad arrivarmi ancora verbali sempre per il solito motociclo che passa sotto la solita porta telematica. Non ricevo alcuna risposta. Dal marzo 2018 al luglio 2020 mi sono arrivate 106 raccomandate AR per elevati verbali come sopra, cosa che faccio ancora una volta presente, tramite pec, allegando il certificato di vendita (già precedentemente allegato) e nome, cognome e indirizzo del proprietario del motociclo al quale vanno girate le contravvenzioni". Anche stavolta "non ricevo alcuna risposta". E così via.
Ancora: "Il 15 agosto 2020 invio una nuova pec per sottolineare che i circa 9.000,00 euro elevati al motociclo da me venduto nel 2016, più i circa 700,00 euro per spese postali, stanno diventando una situazione ridicola e minaccio di rivolgermi alla mia avvocata. Non ricevo alcuna risposta Preciso che non ho ritirato tutte le raccomandate che sono arrivate quando non mi trovavo al mio domicilio perché mi sembrava sinceramente un grandissimo spreco del mio tempo. Preciso che tutte le pec sono state aperte e lette dai destinatari.
"Pochi giorni fa – conclude la signora – vado a ritirare una raccomandata dell’Agenzia delle Entrate che mi intima di pagare 1.410,00 euro per contravvenzioni al Codice del 2019 e 2020 relative al medesimo motociclo. Continuo a domandarmi dove l’intelligenza lasci il posto alla cieca burocrazia".