Francesco
Gurrieri
u puoi fare qualunque cosa, tranne licenziare qualcuno per motivo dell’introduzione di nuovi metodi o il sopraggiungere di nuove tecnologie": era questo il fulminante insegnamento sociale che veniva da Adriano Olivetti, quando Geno Pampaloni fu chiamato a Ivrea per coordinare l’attività culturale del movimento di Comunità. Vi rimase dodici anni in quella singolare e irripetuta esperienza che muoveva dal ’personalismo comunitario’ predicato da Emmanuel Mounier. Per Olivetti la giustizia sociale era l’unica forma di progresso ammissibile – ci ricordava Pampaloni – e implicava la possibilità per tutti di fruire della bellezza. Sono passati vent’anni da quel gennaio 2001 in cui Pampaloni ci lasciò. Vent’anni in cui è mancato uno dei presìdi etici e intellettuali che ci aiutavano concretamente a traversare la vita, allontanandoci dal bricolage della quotidianità. Aveva studiato a Firenze e alla Normale di Pisa, dedicandosi poi alla critica letteraria; finita l’esperienza olivettiana con la morte dell’ingegner Adriano collaborò al Corriere e poi al Giornale fondato da Montanelli. Scrisse di Svevo, Brancati, Emilio Cecchi, Vittorini, Pavese, Moravia, Tobino. Polemizzò con Asor Rosa su Rinascita per la mancata riabilitazione di Silone; fu ’Fedele alle Amicizie’ come aveva titolato un suo libro del 1984. Era tornato a Firenze per dirigere la Vallecchi prima e la EdipemDe Agostini poi, avendo alle spalle quel capitolo sulla ‘Nuova Letteratura’ dell’ultimo volume della Storia della Letteratura Italiana di Cecchi e Sapegno. La sua critica militante, sempre al servizio del lettore, rimane una lezione insuperata, tanto più oggi che l’esercizio critico sembra perdersi e affondare nella palude dei media che tutto travolge e irresponsabilmente banalizza. Lo ricordiamo negli ultimi anni della sua vita fiorentina, quando non volle mai rinunciare alle convocazioni pubbliche a cui era chiamato. Discreto, un po’ ansimante, col bastone e con la sua Gauloise che estraeva dal pacchetto azzurro, secondo un rito che aveva radici parigine, al Café de Flore e a Les Deux Magots.