BARBARA BERTI
Cronaca

Vi racconto le streghe "Io, il babbo comunista e la mamma femminista nella Toscana anni ’70"

Uno spaccato anticonformista nel primo romanzo autobiografico firmato da Luca Scarlini, scrittore, drammaturgo e nostro collaboratore "Quelle signore interessate ai miei 6 mesi nell’aldilà per una sindrome sinciziale".

Vi racconto le streghe "Io, il babbo comunista e la mamma femminista nella Toscana anni ’70"

di Barbara Berti

Una storia di formazione e di ribellione, che dischiude agli occhi del lettore anche all’invisibile verità della magia. Senza dimenticare l’eterno scontro tra uomo e donna. Su questi temi, in estrema sintesi, si sviluppa il romanzo "Le streghe non esistono" (edito Bompiani) di Luca Scarlini, scrittore, drammaturgo, performer, storyteller in scena, nonché collaboratore de La Nazione. L’autore presenterà il libro domani alle 18 alla libreria Rinascita di Sesto dialogando con Marco Vichi.

"Le streghe non esistono" è il suo primo romanzo autobiografico?

"Sì, racconto la mia infanzia bizzarra trascorsa a Sesto Fiorentino, tra comunismo, moda e streghe. Con i miei genitori abitavo a Quinto Alto, vicino alla tomba etrusca della Montagnola: babbo Luciano adepto del più ortodosso machismo comunista e mamma Leopoldina, anticonformista, femminista, felicemente aperta al mondo queer. Eravamo squattrinati, vivevamo in un posto plebeo, in piena campagna toscana, ma viaggiavamo tanto, qualche estate la trascorrevamo in Unione Sovietica".

La storia è ambientata nel 1975, lei aveva 9 anni: che bambino era?

"Nel mio universo c’erano la Casa del Popolo, le festa dell’Unità, i comizi, il Vietnam, gli Inti Illimani, i corsi di russo. Ero affascinato da tutto ciò che stava dall’altra parte del cielo rispetto all’eroico furore paterno e, infatti, ho avuto un rapporto litigioso con mio padre. Tra noi due si ergeva la mamma, che – poiché partecipare a comizi e feste dell’Unità non frutta uno stipendio – lavorava per pagare l’affitto"

Cosa faceva sua madre?

"Si divideva tra politica e moda. Gestiva un corso di uncinetto, inizialmente alla Casa del popolo di Colonnata poi fu cacciata e continuò a casa perché alcune allieve erano drag queen, all’epoca etichettate come travestiti e il Pci spesso era molto omofobo. Comunque la mamma mi ha introdotto nel suo mondo di amiche femministe, gay e drag, cultrici della ‘pericolosa’ cultura angloamericana. Erano le mie stylist tanto che una di loro, la Caselli, mi ha scattato una foto – quella in copertina del libro – e mandato a un concorso di Vogue e nel 1973 è finita in una pagina della prestigiosa rivista".

Com’è avvenuto l’incontro con le streghe?

"Nel 1975 mi sono ammalato di leucemia e sono stato ricoverato a Ginevra per le cure. La malattia mi ha fatto capire bisogna vivere a pieno la vita, non bisogna perdere tempo. Quando mi sono ristabilito, ho trascorso l’estate nelle campagne senesi. Lì sono entrato in contatto, anche se mi era proibito, con una fattoria abitata da tutte donne, la comunità di Aradia. Mi ricordo di quattro incontri con Graziosa, il capo delle streghe, chiamata così per via del volto deturpato. Le signore erano interessate al fatto che a sei mesi ho fatto un viaggio nell’aldilà a causa della sindrome sinciziale".

Quindi le streghe esistono?

"Esistono e vivono in un mondo in cui si occupano della natura. La storia della persecuzione delle streghe è quella degli uomini contro le donne e, se volessimo leggervi una continuità, ha elementi in comune con l’orrore dei femminicidi. Ricordiamoci che in Italia il delitto d’onore come osceno modo di assoluzione è finito solo nel 1983".