STEFANO BROGIONI
Cronaca

Via al processo. La guerra fra i clan prima del giallo di Kata

Estorsioni, intimidazioni e il tentato omicidio di un occupante ’rivale’. E’ cominciato ieri il dibattimento. Lo zio della bimba, Abel, tra gli imputati.

Lo zio di Kata, Abel, seduto, aspetta l’inizio dell’udienza

Lo zio di Kata, Abel, seduto, aspetta l’inizio dell’udienza

di Stefano Brogioni

FIRENZE

In aula per estorsioni e un tentato omicidio avvenuti durante l’occupazione dell’ex Astor, l’hotel diventato tristemente noto per la scomparsa della piccola Kata, la bimba di cui non si hanno più notizie dal 10 giugno del 2023. Ieri mattina, dinanzi al collegio presieduto dal giudice Lisa Gatto, è cominciato il processo ai dissidi fra clan che culminarono, qualche notte prima dell’inizio del giallo di Kata, nella caduta dal terzo piano di un occupante ecuadoregno, lanciatosi dalla finestra per sfuggire a un violento pestaggio.

Quattro gli imputati, di cui tre presenti: tra questi, Abel Argenis Vazquez, lo zio della piccola ad oggi indagato anche nell’inchiesta sulla scomparsa di Kata.

E’ stata un’udienza durata pochi minuti: la procura, che sosterrà l’accusa con il pubblico ministero Christine Von Borries, ha presentato una lunga lista testi a sostegno dell’accusa. Delle trenta persone indicate, le prime dieci saranno convocate nell’udienza del prossimo 14 ottobre.

Abel è arrivato in tribunale presto, prima dell’inizio dell’udienza. Ha assistito all’apertura del dibattimento a fianco del suo difensore, l’avvocato Elisa Baldocci. Al termine dell’udienza, non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Neanche a proposito dell’indagine che ancora lo coinvolge e che la procura intenderebbe prorogare.

Non c’era, benché imputato, Carlos Martin De La Colina, soprannominato “el dueno“ - il padrone - dell’Astor occupato. Non si è vista, al contrario di altre udienze, Katherine, sorella di Abel e mamma di Kata.

Eppure, anche se nei faldoni faticosamente portati in aula dal legale si parla teoricamente di altro, è pur sempre l’alone dell’indagine sulla scomparsa della bambina a materializzarsi nell’aula. Anche perché, tra i possibili moventi di chi ha fatto del male a Kata, gli inquirenti annoverano anche la possibilità di una vendetta contro la sua famiglia che avrebbe dettato legge nell’edificio occupato.

E forse potrebbe essere anche l’unico processo che mai s’incardinerà per quel buco nero della storia cittadina che è stato l’albergo tra via Maragliano e via Boccherini.

Un colpo di scena potrebbe arrivare dalla perizia sui telefoni sequestrati, che sarà “presentata“ in aula dal consulente dell’accusa, D’Abbundo. C’è qualcosa, nelle conversazioni, che potrebbe portare un po’ di luce nel buio della vicenda Kata?

I quattro peruviani sono accusati, a vario titolo, di estorsione, lesioni e del tentato omicidio dell’occupante “rivale“, che due settimane prima della scomparsa della bimba si gettò dalla finestra della sua stanza, all’ultimo piano dell’immobile, per sfuggire a un raid che avrebbe avuto lo scopo di cacciarlo dalla sua stanza.

Tre delle undici parti offese individuate si sono costituite parte civile. Tra esse, c’è anche l’ecuadoregno, rappresentato dall’avvocato Alessia Rurio. Secondo le indagini, ogni camera dell’Astor sarebbe stata acquistata dai relativi occupanti pagando un prezzo tra i cinquecento e i mille euro ai “padroni“ dell’occupazione. Grazie a svariate testimonianze, sono stati ricostruiti movimenti e azioni del clan che, armati di mazze da baseball e ferro, si sarebbero più volte scagliati contro famiglie e coppie dentro l’Astor.