Via Pisana senz’anima: "Solo botteghe chiuse. Bene fermare i panini. Speriamo non sia tardi"

Negli anni la lenta chiusura di mesticherie, artigiani, ortolani e mercerie "Giusto provare a ritornare al passato, ma abbiamo bisogno di aiuti veri".

Via Pisana senz’anima: "Solo botteghe chiuse. Bene fermare i panini. Speriamo non sia tardi"

Stop a nuove licenze di somministrazione in alcune strade fuori dalle mura, che hanno visto abbassare le serrande alle storiche botteghe di vicinato per veder sorgere sfilze di ristoranti, pizzerie, bar, gelaterie, ma anche ristoranti etnici, kebabbari, minimarket. Tra queste il tratto di via Pisana da piazza Pier Vettori a Porta San Frediano, ormai solo per turisti e movida. Ma come hanno reagito residenti e commercianti alla notizia?

Era l’ora dicono i più, anche se c’è scetticismo perché questo provvedimento da solo basti a veder rifiorire artigiani e commercianti di vicinato fuor di Porta a Verzaia. "I ristoranti non ci portano lavoro di sicuro e questo è diventato un mangificio. – afferma il giornalaio Giancarlo Piacenti dalla sua edicola di piazza Pier Vettori – Se ci fossero negozi di vicinato come trent’anni mi fa porterebbero più clienti. Prima in via Pisana, dalla piazza alla porta, c’erano tre mesticherie e non c’è né più neanche una, c’erano tre alimentari e ce n’è rimasto mezzo (perché anch’esso fa ristorazione). Le attività di vicinato vanno a morire, e si pensa a chiudere la stalla quando ormai sono scappati i bovi: non c’è rimasto più un fondo libero".

Stessa riflessione anche alla gioielleria Parenti: "Noi siamo artigiani da 70 anni – spiega Lucia Parenti – Sono d’accordo con il provvedimento: di bar e ristoranti ce ne sono abbastanza, certo l’importante è che non vengano tolte le licenze a chi già lavora. Però non so se sarà utile per chi volesse aprire, ci vogliono tante altre condizioni e il momento è difficile...".

"Abito in questo rione da 70 anni e prima c’erano tante botteghe in più. – dice Silvia Totaro – Solo in via Zanella c’erano il pollaiolo, tre ortolani, l’alimentari di Gastone, l’ottico, la mesticheria, la latteria, la mescita. Poi svoltando sulla Pisana, tre mercerie, la profumeria, il fornaio, persino il maniscalco... L’elenco sarebbe lungo. Quello che mi manca di più? Il calzolaio!" "Non solo qui ma in tutta Firenze ormai si mangia e basta. Di attività di vicinato siamo rimasti in pochi; e poi molto c’è tanto etnico e si perdono i cibi fiorentini. Trovare una trattoria toscana a prezzi buoni è diventata un’impresa..." dice il tintore Umberto Fiorini.

"Pensano che l’artigiano lo possa fare chiunque? – fa notare il pellicciaio Santoro Miccichè – Neanche dopo cinquant’anni, se non hai chi ti forma. Le botteghe non si riportano con le ordinanze ma facendo le scuole da artigiano, insegnando ai ragazzi attenzione, pazienza e passione. Rappresento l’antica arte fiorentina dei vaiai: ci hanno fatti morire, eravamo migliaia, abbiamo vestito re e regine".

Chi plaude, le attività di somministrazione stesse: "Ben 23 anni fa pagammo cara la licenza, poi le liberalizzazioni… per noi è giusto dare una stretta; anche perché poi diventano troppe, aprono e muoiono subito", riflette la barista Gabriella Alberi del Pegaso.

Carlo Casini