di Stefano Brogioni
FIRENZE
Lei sdraiata a terra, i tre amici intorno. Per loro era sesso a quattro, per la giovane, poco più che 18enne, una violenza.
Quella sera – era il settembre del 2018, in una villa della Rufina - aveva anche assunto alcol e droga. Condizione di inferiorià fisica e psichica che, secondo l’imputazione, facevano venire meno la sua facoltà "di esprimere un valido consenso".
Ma al processo, svoltosi con il rito abbreviato, gli imputati oggi 23enni (di un anno più grandi della ragazza), difesi dagli avvocati Neri Cappugi e Vincenzo Martucci, sono riusciti a dimostrare che, in quella circostanza, non potevano presumere che il suo consenso fosse viziato dall’annebbiamento in cui versavano, lei e loro.
Sono stati entrambi assolti per l’"errore sul fatto", formula (che esclude la punibilità dell’imputato) pronunciata dal giudice Fabio Gugliotta che raramente trova applicazione. Un grande risultato dal punto di vista difensivo. "Il percorso difensivo è stato premiato con una pronuncia assolutamente pregevole in punto di fatto e di diritto", commenta Cappugi. "Sono molto soddisfatto anche perché la formula assolutoria premia il lavoro svolto in cui abbiamo sempre creduto evidenziando come temi del diritto penale generale siano ancora efficaci e non caduti in disuso come molti pensano", aggiunge Martucci.
Al processo, conclusi ieri mattina, si è arrivati dopo una strada controversa. Il terzo imputato, all’epoca minorenne, aveva definito la sua posizione con la messa alla prova. Per gli altri due, è andata avanti la giustizia dei grandi. Anche la procura, però, aveva tentennato su alcuni aspetti, circa la manifestazione di quel "no".
Tanto che il pm Giovanni Solinas era arrivato una prima volta dal gup chiedendo l’archiviazione. Ma il giudice aveva ordinato un’imputazione coatta. Ieri, però, la procura ha mantenuto la sua linea. E stavolta il tribunale ha concesso la richiesta assoluzione.
I fatti. C’era la casa libera del nonno di una compagna di classe e quel giorno, che precedeva l’inizio dell’anno di studi, gli amici passarono la giornata e la sera successiva tutti assieme. Giravano alcol e “fumo“. La 18enne, chenel giugno precedente aveva già avuto un rapporto con uno degli imputati anche alla presenza di altre persone (che avevano filmato), aveva anche lei bevuto e assunto cannabinoidi.
Nel giardino della casa, rimase sola con i tre ragazzi. Ci fu sesso, fino a quando la giovane non si rinvenne: a quel puntò scappò in taverna, vomitò, disse a un’amica cos’era successo. Nelle ore successive raggiunse il pronto soccorso. Nel marzo successivo, formalizzò la sua denuncia contro i tre amici.
Ma la versione, a tutt’oggi, resta infarcita di dubbi e contraddizione. Il racconto della ragazza, di quel sesso estorto, ha trovato altre voci contrastanti. Anche quella che, “scoperta“ in quell’atteggiamento moralmente imbarazzante, abbia raccontato di averlo fatto contro la sua volontà per giustificarsi agli occhi degli altri.