BARBARA BERTI
Cronaca

Wanda Ferragamo, mia nonna: "Le sue lettere sono una bibbia. Era severa ma di gran cuore"

La nipote: "Ci scriveva per raccontarci i suoi incontri: Obama gli piacque moltissimo. L’educazione al primo posto, guai se urlavamo. Ma che urli quando era lei ad arrabbiarsi".

La nipote: "Ci scriveva per raccontarci i suoi incontri: Obama gli piacque moltissimo. L’educazione al primo posto, guai se urlavamo. Ma che urli quando era lei ad arrabbiarsi".

La nipote: "Ci scriveva per raccontarci i suoi incontri: Obama gli piacque moltissimo. L’educazione al primo posto, guai se urlavamo. Ma che urli quando era lei ad arrabbiarsi".

"La nonna? Un fenomeno. Una specie di bibbia perché ci ha lasciato tanti scritti che sono fonte di ispirazione, una sorta di guida ricca di consigli sempre attuali" A parlare è Ginevra Visconti e la nonna straordinaria è Wanda Miletti Ferragamo, a cui a dedicato ‘Nel Libro Rosso di Tà - La vita di Wanda Ferragamo’ (Electa). Moglie di Salvatore Ferragamo, mamma di sei figli, Wanda è stata una delle prime imprenditrici donne in Italia che ha portato avanti con orgoglio la tradizione artigianale del Made in Italy, con la capacità di stare al passo con i tempi e perseguire la strada dello sviluppo industriale. Il grande impegno le è valso molte onorificenze internazionali, tre lauree ad honorem e molti premi alla carriera.

Che nonna è stata? "Quando ero piccola la temevo. Era una donna dalla presenza importante, dal piglio arguto, severa. Ci faceva ‘filare’ tutti quanti. Ma al tempo stesso una nonna amorevole, infatti avevo sempre voglia di andare a trovarla, di stare con lei. Scordiamoci però la figura della nonna che fa la calza al focolare".

E, quindi, che faceva? "Si prendeva cura della casa, organizzava spesso pranzi da lei. Era un’istituzione andare per Natale, Pasqua e durante le vacanze estive. Spesso rimanevamo da lei più più giorni visto che anche la mamma (Fulvia Ferragamo, ndr) lavorava a Firenze. Si partiva tutti in treno da Milano con destinazione le colline fiorentine dove viveva nonna. Io e i miei fratelli (Consolata, Angelica ed Emanuele, ndr) dovevamo essere sempre ben vestiti, pettinati e soprattutto educati altrimenti si arrabbiava. Ma il suo era un rigore dettato dal grande affetto. Ogni tanto la prendevamo in giro ma senza farcene accorgere".

Un rapporto nonna-nipote come ce ne possono essere tanti altri? "Sì. Crescendo ho scoperto questa nonna molto particolare, probabilmente plasmata dalla sua personale esperienza. È rimasta vedova molto giovane, nonno Salvatore è morto nel 1960, lei non aveva neppure quarant’anni. Questo evento luttuoso ha cambiato per sempre la sua vita ma in positivo perché da lì in poi ha deciso che avrebbe creato qualcosa di importante. Si è reinventata completamente perché prima di allora non aveva mai lavorato. E lo ha fatto rimboccandosi le maniche, senza piangersi addosso".

Cosa le ha raccontato della sua vita prima della scomparsa del marito? "Parlava del nonno come del grande amore della vita. E della sua routine di mamma-casalinga, partecipava alla vita dell’azienda soltanto attraverso i racconti del marito e in occasioni eccezionali, come quando nel 1954 Audrey Hepburn venne a Firenze per ordinare alcune paia di scarpe. Del suo ingresso in azienda me ne ha sempre parlato con grande entusiasmo: il momento in cui è diventata imprenditrice l’ha preso come una sfida. E ciò le è piaciuto. Si è fatta completamente coinvolgere e catapultare in un nuovo mondo. Ma senza perdere il suo essere: ha continuato a prendersi cura della casa, a essere femminile ed elegante in ogni occasione".

Sua nonna ha incontrato da Gregory Peck, la regina Elisabetta, vari presidenti della Repubblica, Obama e tanti altri. Cosa le ha raccontato? "Quando le accadeva qualcosa di speciale ‘inforcava’ carta e penna e scriveva a noi nipoti: lettere ricche di dettagli, particolari dell’incontro con questo o quell’altro personaggio ma soprattutto lettere con un messaggio costruttivo, ispirazioni e consigli in relazione all’incontro avuto. È per questo che la considero una sorta di ‘bibbia’ perché queste lettere sono piene di principi".

Tra i tanti incontri, uno di cui nonna rimase particolarmente entusiasta? "Sicuramente quello con Obama, la colpì il lato umano, l’uomo dietro il presidente. A un pranzo con la regina Elisabetta, invece, ci ha raccontato delle battute bonarie indirizzate al principe Filippo. Nonna era molto ironica. Alla moglie di Ciampi disse: ‘Siamo il club degli ottantenni’. Era intelligente e si rivolgeva a tutti con la stessa semplicità e umanità".

In che senso? "In azienda non ha mai fatto distinzioni tra i dipendenti e i manager. Nelle sue lettere racconta dell’incontro con il personaggio vip allo stesso modo in cui spiega la vicinanza al lavoratore che magari aveva avuto un problema in famiglia e che lei aveva rincuorato o aiutato come poteva".

Un’imprenditrice sui generis? "Era una donna dal cuore grande prima di essere imprenditrice. Oggi la mentalità è cambiata e anche i valori della nonna sono diventati merce rara. I rapporti umani che intesseva nonna erano veri, sinceri. Si lasciava guidare dal buon senso, altro fattore che ai giorni nostri non va più di moda. Era sempre educata e gentile. E anche a noi nipoti ripeteva l’importanza della cortesia, delle buone maniere, di non urlare… anche se poi era la prima a farlo quando si arrabbiava".

Un esempio? "In azienda era molto pratica, da tipica donna del sud. Controllava tutto: passava ai raggi X gli abiti per capire se la stoffa andava bene, si provava le scarpe e se non erano comode le bocciava. Era molto esigente ma anche consapevole di quello che chiedeva ai dipendenti perché toccava con mano ogni prodotto".

E con i nipoti si arrabbiava? "Era esigente anche con noi. D’altronde era una matriarca. E la sua capacità di osservazione e di ascolto la metteva in pratica anche con noi. Appena ci vedeva ci faceva la ‘radiografia’ con gli occhi per capire come stavamo. Ci salutava sempre con un bacio sulla guancia, soprattutto da adolescenti. Era affetto, ma anche urgenza di capire se stessimo fumando! Era molto attenta alla salute, non prendeva medicine e svolgeva una vita sana e equilibrata".

Difficile nasconderle qualcosa… "Impossibile!".

Un suo difetto? "Una donna tutta d’un pezzo… ma non credo sia un difetto".

Un suo pregio? "L’empatia. Anche quando sentiva al tg notizie di cronaca, dall’incidente stradale alla mamma che aveva perso un figlio, lei si commuoveva, le scendevano le lacrime. Un’altra dote? Riusciva sempre a sorprendermi, anche alla fine lo ha fatto".

Le va di raccontarcelo? "È scomparsa a 97 anni, dopo sei mesi che era morta mia mamma e lei aveva già perso un figlio. In quel periodo era molto stanca, non voleva affrontare la realtà. Per evitare il dolore sembrava la memoria non assisterla più. Mi diceva: ‘Come sta mamma oggi?’ E io provavo a dirle che non c’era più ma lei non voleva accettarlo e mi rispondeva, tutta piccata: ‘Non è vero’. L’ultimo giorno eravamo insieme e cercavo di distrarla mostrandole delle fotografie di famiglia. A un certo punto mi guarda dritta negli occhi e mi dice: ‘Quanto tempo è passato da quando mamma non c’è più?’. Quelle parole, che porto sempre nel mio cuore, mi stupirono e mi fecero commuovere".