È la storia senza tempo di Romeo e Giulietta, ambientata nell’Upper West Side a New York nella metà degli anni ‘50. Un musical epico, grazie principalmente alle musiche di Leonard Bernstein, rappresentato in tutto il mondo, che ha avuto poi altrettanto successo anche nella versione cinematografica.
“West Side Story“ arriva da giovedì a domenica prossimi al Teatro Verdi, nella versione adattata per il pubblico italiano, ma soprattutto con la grandiosa colonna sonora eseguita dal vivo, con l’orchestra diretta dal maestro Emanuele Friello. Adattamento e regia Massimo Romeo Piparo. Luca Gaudiano nel ruolo di Tony, Natalia Scarpolini in quello di Maria, produzione Peep Arrow Entertainment.
Maestro Friello, quanto è importante avere musica dal vivo anche per un musical?
"Lo spettacolo dal vivo dovrebbe sempre avere l’orchestra. Non ci stupiamo mai di assistere, che so, al Rigoletto con l’orchestra. E non dovrebbe sorprendere che anche altri spettacoli offrano la musica dal vivo. Ma purtroppo è sempre più difficile".
Lei però dirige in tanti musical.
"Beh, sono vent’anni che lavoro insieme al regista Piparo e abbiamo fatto un sacco di cose. Adesso in questa stagione ci sono tre musical e tutti e tre avranno l’orchestra: Tootsie, Cats e West Side Story".
Quanto aggiunge la musica dal vivo a uno spettacolo?
"Quando andiamo a un concerto di Ciajkovskij o di Beethoven in realtà, oltre che ascoltare musica stiamo assistendo a uno spettacolo, perché guardiamo gli orchestrali, guardiamo il maestro, la sala e persino gli spettatori. La musica in sé è uno spettacolo. Quindi, senza orchestra è come privare il pubblico di un’emozione. Insomma, non è come avere le basi preregistrate. Il suono è diverso e persino le imperfezioni danno un qualcosa di unico ad ogni recita".
Quanti elementi ha la sua orchestra?
"Sedici. Del resto Bernstein ha scritto West Side Story per 28 elementi. Nel 1957 ha debuttato a Broodway così. Spesso pensiamo che sia stato pensato per un’orchestra sinfonica, ma non è vero. Forse siamo condizionati dalla versione cinematografica".
Per attori e ballerini è più facile o più difficile avere la musica dal vivo?
"È più facile, perché c’è un dialogo, un’interazione, disponibilità da entrambi le parti. Lo spettacolo si fa insieme e la musica è al servizio dell’immagine, della danza. E i ballerini e gli attori sono felicissimi di avere colleghi musicisti che li spalleggiano. È una famiglia allargata".
Spesso si rinuncia all’orchestra per un problema di budget?
"Sì, ma non solo. Ormai è un uso talmente invalso che alcuni teatri manifestano scarsa disponibilità a mettere a disposizione spazi, sperando forse di risparmiare qualcosa. Ma non è un fatto solo italiano, in generale c’è un problema di qualità e bellezza al ribasso. In realtà il pubblico è in grado di apprezzare e capire che ogni sera è diversa, con un sospiro o respiro che rendono quel momento irripetibile. Ogni volta che do l’attacco a un cantante, ci guardiamo in modo diverso. Questo mi dà molta felicità e sentiamo che il pubblico percepisce queste emozioni".