Firenze, 23 febbraio 2022 - Nel maggio del 2018, il giornalista freelance Francesco Amicone pubblicò sulla rivista “Tempi“, fondata e diretta dal padre Luigi, recentemente scomparso, una propria inchiesta tesa a dimostrare che il serial killer americano “Zodiac“ e il mostro di Firenze fossero la stessa persona. Le ricerche effettuate da Amicone si erano concentrate anche su un personaggio, l’ex direttore del cimitero di guerra dei Falciani, l’italoamericano Giuseppe Bevilacqua, testimone dell’accusa al processo del 1994 che si concluse con l’ergastolo per Pietro Pacciani. Il giornalista formalizzò i propri sospetti in una denuncia, parallela agli articoli che nel frattempo comparvero anche su blog e alcuni quotidiani, attratti da un accostamento indubbiamente affascinante: il collegamento di due dei più grandi misteri della criminologia, accomunati dall’essere ancora avvolti nel mistero a distanza di tanti anni.
Zodiac ha seminato morte negli States tra il 1966 e il 1974. Al mostro vengono attribuiti i quattordici omicidi tra il settembre del 1974 e il settembre del 1985, anche se secondo le risultanze dell’infinita indagine, la stessa pistola - una calibro 22 mai ritrovata - ha ucciso una coppia anche nel 1968 a Signa. Ma la “pista americana“ non è andata avanti, in procura a Firenze. Ed è invece arrivata alla conclusione quella per diffamazione a carico del giornalista, che è stato querelato da Bevilacqua (assistito dall’avvocato Elena Benucci) per i contenuti di una trentina di articoli scritti direttamente da Amicone o redatti riportando le sue tesi, pubblicati fino al maggio del 2021.
In questi giorni, Amicone, 35 anni, ha ricevuto l’avviso di conclusione dell’indagine. Il titolare del fascicolo è il procuratore aggiunto Luca Turco, lo stesso magistrato che ha ereditato dal collega Paolo Canessa l’ultimo filone dell’inchiesta sui delitti fiorentini, conclusosi un anno e mezzo fa con l’archiviazione dei due indagati, l’ex legionario di Prato Giampiero Vigilanti e il medico Francesco Caccamo.
Turco, dopo aver ricevuto gli atti della denuncia presentata in Brianza dal giornalista, aveva delegato ai carabinieri del Ros alcuni accertamenti su Bevilacqua e sugli appunti del freelance, che riferiva di aver assistito a una "confessione" dell’italoamericano che però non aveva registrato. "Gli accertamenti espletati - si legge nella richiesta d’archiviazione, recepita dal gip del tribunale di Firenze, Gianluca Mancuso - non hanno consentito di acquisire alcun dato obiettivo". L’inchiesta giornalistica, sempre secondo le conclusioni dell’aggiunto Turco, "è caratterizzata da suggestioni, supposizioni, asserite intuizioni e non contiene alcun elemento fattuale suscettibile ad assurgere a dignità di indizio".
Tra le «intuizioni», alcune decrittazioni dei messaggi che Zodiac era solito inviare agli inquirenti a stelle e strisce e la spiegazione delle incomprensibili parole che Mario Vanni (il “compagno di merende“ di Pacciani condannato con Giancarlo Lotti per gli ultimi quattro duplici omicidi del mostro di Firenze) pronunciò nel 2003 durante una conversazione in carcere con l’amico Nesi: parlando di un americano di nome Ulisse avrebbe inteso indicare, secondo il giornalista, proprio l’uomo che negli anni ’90 si presentò ai carabinieri di Borgognissanti riferendo di aver notato un uomo, somigliante a Pacciani, spiare la coppia francese uccisa a Scopeti, località molto vicina al cimitero Usa. Amicone si prepara comunque ad affrontare il processo: sta studiando la propria difesa che forse consisterà nell’attaccare ancora.