Firenze, 29 gennaio 2022 - Firenze, 29 gennaio 2022 - Ora è salita anche lei "col petto in su verso l'estasi delle nubi", condividendo - e ne sarà sicuramente lieta - la strada e i modi della madre cantata in uno suo ottetto. Venerdì si è spenta a Roma la poetessa Cristina Annino, all'anagrafe Cristina Fratini. Circa tre anni fa un inedito nel 'Lunario di desideri' curato da Vincenzo Guarracino per le edizioni De Felice e, intanto, un'intensa attività di corrispondenza, pubblicazioni, inediti raccolti per la pubblicazione.
Nata ad Arezzo nel 1941, per lungo tempo ha abitato a Firenze, dove si è laureata e ha frequentato la scena letteraria della città, prima di trasferirsi in altre località fino all’ultima residenza ostiense. Una morte improvvisa che ha lasciato dolore negli amici, come Pietro Roversi e Michele Ortore che sta curando insieme a Davide Castiglione un volume di studi su di lei, fin del suo esordio poetico a Firenze nel 1969, "che purtroppo non avrebbe dovuto essere in memoriam: siamo tutti ancora sconvolti".
Subito dopo il trasferimento familiare a Firenze per iscriversi all’università in Lettere Moderne, Cristina Annino entrò in contatto, tra gli altri, con Carlo Betocchi che la inviterà a frequentare il caffè Paszkowski permettendogli di conoscere Mario Luzi, Luigi Baldacci, Geno Pampaloni, Oreste Macrì, Piero Bigongiari. Con alcuni si sviluppa una significativa amicizia, specialmente con Mario Luzi e Luigi Baldacci. Silvio Ramat le fece conoscere la realtà alternativa della Firenze di quegli anni consigliandola di prendere contatto con il Gruppo 70, creato a Firenze nel 1963, da Eugenio Miccini e Lamberto Pignotti. Annino frequentò allora contemporaneamente anche il caffè San Marco, sede di incontri dei neo avanguardisti.
Nel 1984 fu inclusa da Walter Siti nel terzo volume dei 'Nuovi poeti italiani '(Einaudi). Nel 2001 Franco Loi e Davide Rondoni la inseriscono nell’antologia 'Il pensiero dominante. Poesia italiana 1970-2000' (Garzanti, 2001).
"Cristina Annino - sottolinea Roberto R. Corsi, poeta e critico letterario - è stata una voce autorevolissima e talentuosissima della poesia contemporanea, benché lontana dai riflettori. Per molti la voce migliore, amata anche dalle generazioni più giovani".
"Era un'autrice straordinaria - continua Ortore - e una dei pochi da poter davvero contare sulle dita di una mano, che valga la pena di definire originali. Fiera di seguire solo se stessa e la sua curiosità, com'è chiaro a chiunque legga anche solo una sua poesia. Basta leggere uno qualsiasi dei suoi testi per rendersene conto: limpidi ed enigmatici al tempo stesso, composti con parole comuni, ma capaci di lasciar intendere fughe e acrobazie irresistibili del pensiero. Sempre vi lascio indietro col vento, aveva scritto. E la sensazione è proprio questa: l'avventura della sua mente era sempre un po' più in là rispetto alle nostre bussole. La grandezza dei suoi testi è, paradossalmente, anche ciò che ha impedito a Cristina di affermarsi definitivamente nel mondo un po' claustrofobico della poesia: delle sue poesie si può parlare solo dicendo cose concrete, condividendo la sfida e le possibili interpretazioni delle parole e della sintassi, mostrando la magia del linguaggio in azione, senza potersi rifugiare in categorie critiche astratte e gerghi che dicono tutto per non dire niente”.
"Toscanissima", scrive Corsi, "nella estrema, tagliente franchezza commista a incredibili slanci. Ha lasciato un'opera poetica contrassegnata da uno stile riconoscibilissimo, ubriacante, fatto di spezzature e improvvise fulminazioni". L'Ottetto per la madre, presenta proprio queste caratteristiche, a un livello molto alto: "Lei ora elegante, vistosa come le madri, si stacca dal/ niente e ride. Qualcosa/ dei venti, d’urgente, una fuga, un ritorno, mi lega/ a lei che darei/ tutto il corpo per quella risata./ E’ salita/ col petto in su verso l’estasi delle nubi,/ a quella distanza più nere che altro; poi/ È scesa; pioveva. Ha/ saltato la corda coi piedi fiammanti di santa e al collo/ perle vere".
Benché lontana dai riflettori, spiega ancora Corsi, "è stata amata da molti, compreso un gruppo di giovani poeti e studiosi che si è spontaneamente radunato intorno a lei per analizzarne e diffonderne la poetica". Ora, con il dolore, "resta il dovere della testimonianza. Auspico soprattutto che alcune raccolte meravigliose, di difficile reperimento (penso a titoli quali 'L'udito cronico', 'Gemello carnivoro', 'Casa d'aquila' e le poesie inedite che era in procinto di pubblicare), vengano finalmente raccolte e riproposte con la diffusione e l'attenzione che meritano nel panorama della poesia italiana contemporanea".