
Elisabetta Pozzi in camerino
Firenze, 31 gennaio 2016 - «E’ CHE SE non sei convincente rischi grosso anche di fare la strega cattiva di Biancaneve o Crudelia De Mon, a scelta. Perchè entra in scena questa donna dal cuore maschio che è una regina. Che è una donna che parla come un uomo e ha un grande carattere. E’ la seconda volta che l’interpreto e mi piace portare in scena una vera regina con la sua una sensualità e la morbidezza. Con un reale senso del potere». Elisabetta Pozzi, una delle nostre migliori attrici, è una eccezionale Clitemnestra nell’Orestea di Eschilo diretta da Luca De Fusco. Protagonista – ora a Firenze, Teatro della Pergola fino al 7 febbraio – di un allestimento di grande impegno per l’unica trilogia del teatro greco a essere sopravvissuta fino ai giorni nostri. Nel ricchissimo cast Mariano Rigillo è Agamennone, Angela Pagano è la Prima Corifea, Gaia Aprea è Cassandra e Atena, Giacinto Palmarini è Oreste. In scena anche sei danzatrici della compagnia Körper.
Signora Pozzi, uno spettacolo di parole, musica, danza e tecnologia per tracciare il passaggio dalla società arcaica...
«Esattamente così: ma di un’attualità eccezionale. La regina sta ferma nella sua posizione finchè torna Agamennone: sarà sempre colei che aspetta e che accoglie a braccia aperte. E non ha paura Clitemnestra, gli fa una sorta di lunghissima lode. Non ha pudore di parlare ai sentimenti, e c’è una scrittura che è una meraviglia per raccontare l’animo femminile».
Un’opera d’arte totale e crudele...
«E’ un testo talmente classico, che va vissuto e visto come un atto di coraggio. L’interesse di questa operazione teatrale, è proprio il coraggio che va riconosciuto a un teatro stabile, possa piacere o far discutere. Di sicuro suscita riflessioni: però la cosa importante è che sono anni che non si fanno operazioni di questo genere, il risultato è buono, e ci dà ragione ogni sera».
A chi consiglierebbe questo spettacolo?
«Per prima cosa ai ragazzi delle scuole che vengono a vederlo con enorme attenzione, anche grazie a una scena che va verso la platea e avvicina il pubblico. Anche dopo quattro ore di spettacolo l’effetto che sorte è lo stesso, il successo è quasi imbarazzante. Io credo che le persone abbiano bisogno di ascoltare e assistere anche a qualcosa di atavico, che le rimandi alle origini del loro essere, che giustifichi anche la vita che fa adesso».
Orestea, un testo primario dunque...
«E’ la base del teatro: su questo si crea una intera letteratura. Amleto è stato scritto perchè c’è un Oreste, che deve vendicare la storia del padre».
Attualità...
«Ma certo: non è attuale il discorso sulle vendette o sul bisogno di vendicare e riprendere in mano le redini di un governo? E’ qualcosa che ci riguarda, anche se non così violento e scioccante. Non ci sono persone che hanno bisogno di mostrarsi e rivendicare diritti, per riprendersi la loro libertà?».
Titti Giuliani Foti