ANDREA SPINELLI
Cultura e spettacoli

Fast Animals and Slow Kids, “Le nostre canzoni come stanze di hotel”

La band perugina di scena a Firenze mercoledì 18 dicembre al Teatro Cartiere Carrara. Sul palco portano il loro ultimo album con lo spettacolo live “Festa Tour”

I Fast Animals and Slow Kids sono di scena a Firenze, al Teatro Cartiere Carrara

I Fast Animals and Slow Kids sono di scena a Firenze, al Teatro Cartiere Carrara

FIRENZE - Sono camere d’albergo arredate con sogni, illusioni e ricordi di vita le stanze di vita quotidiana che i Fast Animals ans Slow Kids spalancano mercoledì sera 18 dicembre al popolo del Teatro Cartiere Carrara. L’ultimo album “Hotel Esistenza”, infatti, riporta in città la band perugina per dare forma e sostanza a quel Festa Tour che declina già nel titolo le proprie intenzioni.

“Ci serviva un contenitore, che sentissimo nostro, in cui mettere per le tante esistenze raccontate dalle canzoni” raccontano il frontman Aimone Romizi, assieme a Alessandro Guercini, chitarre, Jacopo Gigliotti, basso, e Alessio Mingoli, batteria, ne parlano nello studio di “Soundcheck”, format musicale disponibile pure sui social e sul sito web del nostro giornale.

“Così abbiamo pensato ad un hotel di riviera dal nome evocativo tipo Miramare o Splendor. Quel tipo di albergo pieno di gente nella bella stagione su cui l’inverno cala il suo velo di nostalgia”.

Un luogo d’incontri e di vita.

“All’inizio c’erano 42 ‘stanze’, perché tanti erano i pezzi, poi abbiamo iniziato a togliere con un processo di sottrazione anche abbastanza doloroso e alla fine della ‘ristrutturazione’ siamo arrivati a queste 11, che raccontano le nostre esperienze dell’ultimo triennio”.

Tra le memorie dei tanti hotel, veri o di fantasia, cantati nelle canzoni, dal Chelsea della Joplin all’Heartbreak di Elvis, in quali vi piacerebbe prenotare una camera?

“Il tema dell’hotel è uno dei topos del rock. Probabilmente sceglieremmo l’Hotel California degli Eagles, anche per l’alone di mistero che accompagna la narrazione fatta dal testo. E poi l’hotel è la casa del musicista che, vivendo sulla strada, ha solo quelle quattro pareti per ritrovare sé stesso”.

Venite da un album con orchestra. Parentesi o punto e a capo?

“È stata la fine di un ciclo e l’inizio di un altro. O meglio, un’esperienza formativa, perché ci siamo trovati ad interagire con un mondo che non conoscevamo e con una forma di scrittura che non era quella di sempre. Quando ti trovi a dover trasmettere le cose che hai dentro ad un musicista che viene da un mondo completamente diverso dal tuo, devi sviluppare un altro linguaggio, imparare a parlare una nuova lingua. E, nel momento in cui ce la fai, ti si aprono davanti agli occhi altri mondi”.

Da Willie Peyote a Ligabue, in questi anni avete sperimentato diverse forme di collaborazione. Ma in “Hotel Esistenza” no. Perché?

“Perché non s’è costruito il ‘sistema amicale’ nel momento in cui stavamo scrivendo. Anche se di solito sono tutti progetti che vengono a latere della lavorazione dei dischi, magari dopo una cena, dopo una chiacchiera, e poi i Fask sono già di loro quattro ‘feat’, quattro teste, quattro visioni diverse unite in una band; ogni canzone diventa così un’avventura, il risultato di un ‘Games of Thrones’ fatto di contrapposizioni, alleanze, tradimenti, al nostro interno”.

Aimone, lei s’è tagliato la chioma di un tempo. Nessuna sindrome tipo Sansone...

“Mi sono reso conto che dopo dodici anni era arrivata l’ora di cambiare. Ho perso i capelli, ma non la forza. Spero”.

E delle trentuno canzoni rimaste fuori dal disco cosa sarà?

“Se non sono entrate nella rosa finale un motivo dovrà pur esserci. Questo significa che dobbiamo scrivere più e meglio, resettando tutto per ricominciare da capo. Qualche spunto, magari, troverà spazio in progetti futuri, ma la scelta di fondo è fare piazza pulita. C’è da dire che, per una nostra follia di gruppo, il primo pezzo nuovo ci viene sempre entro un mese dalla pubblicazione dell’album. Questo significa che qualcosa si sta già muovendo”.