GIULIO ARONICA
Cultura e spettacoli

Florence Dance Festival: lo spazio profondo di Oona Doherty di scena a Santa Maria Novella

La coreografa nordirlandese vincitrice del Leone d'Argento alla Biennale di Venezia presenta domani sera il capolavoro ispirato al "Pale Blue Dot" dell'astronomo Carl Sagan, "Navy Blue".

Navy Blue di Oona Doherty

Navy Blue di Oona Doherty

Firenze, 25 giugno 2024 -  Eterodossa. Nei modi e nei temi. E' da sempre una danza urgente quella coreografata dalla nordirlandese Oona Doherty, spinta da motivi sociali e politici, ma anche capace di interrogarsi attraverso la propria libertà espressiva sul valore stesso dell'atto artistico e del nostro essere al mondo. Dopo il folgorante "Hard to be a Soft - A Belfast Prayer", che la impose alla ribalta internazionale raccontando la vita difficile delle classi subalterne a Belfast, e il prestigioso Leone d'Argento conseguito alla Biennale di Venezia del 2021, il desiderio di rottura e denuncia dei conflitti dolorosi della sua città natale viene esistenzialmente trasfigurato all'universo intero. 

La fragilità dell'essere umano, la marginalità rispetto alla distesa di uno spazio infinito e indefinito, sono il cuore del suo ultimo capolavoro "Navy Blue", in scena domani sera al Chiostro Maggiore di Santa Maria Novella nell'ambito della trentacinquesima edizione del Florence Dance Festival. Ispirandosi al "Pale Blue Dot" dell'astronomo Carl Sagan, Oona Doherty spinge i dodici ballerini della compagnia Od Works dentro un'atmosfera sospesa tra le reminiscenze classiche del concerto n.2 per pianoforte e orchestra di Sergei Rachmaninoff e l'horror vacui, la tensione crescente che diventa terrore esistenziale nel secondo atto, quando i corpi si liberano, i gesti diventano pugni di lotta e resistenza, e la colonna sonora pulsante e adrenalinica di Jamie xx scandisce le parole della voce fuori campo, scritte a quattro mani dalla stessa coreografa con l'autore, attore e regista Bush Moukarzel.

Corpi che si ribellano: alla Storia, alla Politica e alla Natura, perché quel pugno alzato resta l'ultimo e disperato tentativo di squarciare con il blu acrilico il nero galattico dello spazio profondo e il cielo notturno disseminato di stelle cadenti. Nella speranza - utopica? - di un futuro possibile.